Ed anche quest’anno sta per concludersi e al posto del solito veglione – e del pranzo conseguente, di giorno 1 – staremo insieme in poche persone (ma buone, si spera), per combattere la solitudine e aspettare un 2021 che si spera meno difficile del periodo appena trascorso. Il 2020 infatti si chiude ancora con lo spettro della pandemia e staremo in casa, più o meno in modo continuativo fino al 6 gennaio. E allora, visto che passeremo le feste in famiglia o con le persone a noi più care – o magari visto che qualcuno è rimasto bloccato da solo, fuori sede – cosa c’è di meglio di un bel film, per passare queste giornate? E noi di Gaypost.it, come di consueto, ve ne suggeriamo ben cinque. Vediamoli.
L’albero di Antonia, di Marleen Gorris
Cominciamo con L’albero di Antonia, pellicola del 1995 diretta dalla regista Marleen Gorris. È una coproduzione olandese-belga-britannica e ha vinto l’Oscar al miglior film straniero nel 1996. Siamo in Olanda, dopo la seconda guerra mondiale. Antonia torna al suo villaggio e pian piano, oltre a ricostruire la sua vita, costruisce una comunità di affetti dove tutte le diversità vengono rappresentate.
Come Deedee, una donna con un ritardo mentale che subisce violenze familiari, fino a trovare l’amore nel momento in cui viene riconosciuta la sua unicità. O come Letta, il cui massimo piacere nella vita è quello di fare figli. O come Danielle, la figlia lesbica della protagonista, che si innamora della maestra della figlia. Un racconto corale, poderoso, di un’umanità irriducibile.
Consigliato perché: è un film femminista, che parla di sentimenti senza sentimentalismi.
Pride, di Matthew Warchus
In bilico tra commedia e politica, Pride, film del 2014 diretto da Matthew Warchus, tratto da una storia vera. Siamo nella Londra dell’era di Margaret Thatcher. I minatori gallesi sono stremati da un lunghissimo sciopero, messo in atto come segno di protesta delle politiche della premier conservatrice. Mark Ashton, attivista gay e appartenente alla Young Communist League, decide allora di raccogliere i fondi per sostenere i lavoratori delle miniere.
Nasce un rapporto, politico e umano, fatto di sospetto reciproco, all’inizio, perché l’omofobia – agita dai minatori e subita dagli attivisti e attiviste Lgbt londinesi – sembra essere uno spettro troppo forte e divisivo. Poi, però, le reciproche umanità entrano in contatto. E cadono tutti i timori e i sospetti. Imprescindibile la scena in cui le mogli dei minatori cantano Bread and roses. Vi consigliamo di preparare i fazzoletti, a tal proposito.
Consigliato perché: è un film politico, fatto con grande ironia e che ti fa credere a un’umanità migliore.
Hedwig – La diva con qualcosa in più, di John Cameron Mitchell
Se vi piacciono i musical, Hedwig – La diva con qualcosa in più è il film che fa per voi. La pellicola, del 2001, è diretta da John Cameron Mitchell, già noto al grande pubblico per Shortbus di cui abbiamo già parlato qualche tempo fa. Fiaba dal sapore dolce-amaro, Hedwig è una cantante transgender dal passato doloroso e burrascoso allo stesso tempo. Costretta a vivere di espedienti, dopo un’infelice relazione sentimentale, crea un gruppo rock.
Il suo talento, tuttavia, le viene rubato da Tommy Gnosis, un ragazzo a cui aveva fatto da baby sitter in passato. Quindi lo insegue, nel suo tour, cantando le sue canzoni in locali di infima categoria e denunciando il plagio subito. Molto bella la scena del brano The origin of love, in cui viene trattato – in un clip bellissimo da vedere – il mito platonico della creazione degli esseri umani.
Consigliato perché: piace anche a chi non ama i musical e perché la colonna sonora merita davvero.
Y tu mamà tambièn, di Alfonso Cuarón
Amicizia e libertà, scoperta della sessualità ad ampio spettro e il rapporto tra eros e tanathos. Tutto questo e molto altro ancora, nel film del 2001 diretto da Alfonso Cuarón, Y tu mamà tambièn. La pellicola, premiata alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dello stesso anno. La storia è quella di Julio e Tenoch, giovanissimi e amici per la pelle. Per far colpo su Luisa – una donna più grande di loro e cugina di Tenoch – decidono di organizzare un viaggio per la sperduta Boca del Cielo, che in verità non esiste. Comincia allora un viaggio alla ricerca di sé.
Emergeranno le differenze sia sociali sia caratteriali tra i due ragazzi, specchio di un Messico che volta pagina dopo settant’anni di “regime” del Partito Rivoluzionario Istituzionale, la cui sconfitta fa da sfondo storico alla vicenda narrata. Fino a quando l’amicizia viene messa alla prova di fronte a quello che sembra essere anche un amore, per quanto squisitamente fisico e consumato in una notte soltanto. Bellissima la figura di Luisa, con la sua storia di tragica, e al tempo stesso eroica, autodeterminazione.
Consigliato perché: è una storia bellissima e struggente. E perché ti fa venir voglia di viaggiare.
Non so perché ti odio, di Filippo Soldi
Non è un film semplice, il documentario di Filippo Soldi, Non so perché ti odio, del 2014. Un documentario sullo “stato dell’arte” del pensiero e della politica degli omofobi nell’Italia del secondo decennio del nuovo millennio. Un film crudo, per certi versi, che non fa sconti a nessuno. Emerge la violenza, emerge il dolore. L’abuso, la solitudine, le scelte estreme di chi non ce l’ha fatta e decide di fare un salto dal balcone.
Ma non è indulgente, sia con il dolore, sia con l’odio che vorrebbe abbattersi sulle persone Lgbt+. Soldi ci dona un’opera di denuncia, lasciando parlare i diretti protagonisti e le dirette protagoniste, dando voce a vittime, militanti, “gente comune” e anche a chi si fa fautore del pensiero escludente e discriminatorio. Emerge, nelle narrazioni più toccanti, un senso di rivalsa e la volontà di andare avanti. Nonostante la vita, a volte, abbia previsto finali diversi. Per fortuna, cambiati e riscritti dai suoi stessi protagonisti. Film duro, ma necessario.
Consigliato perché: è un documento poderoso contro l’odio e contro le discriminazioni.