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I 5 libri a tematica Lgbt+ (e non solo) da portarsi in spiaggia a ferragosto

Ferragosto è alle porte e ormai avrete sicuramente finito l’ultima carrellata di libri che abbiamo pensato di consigliarvi qualche settimana fa. Abbiamo fiducia sul fatto che, accanto a uno spritz e tra un bagno e l’altro, dedicherete il tempo necessario alla lettura. Che sia essa di evasione, di approfondimento o che inviti a riflessioni più profonde. Il bello è prendere in mano un libro, sfogliarlo, tastarne la consistenza, la porosità della carta e immergervi nello scrigno di parole che esso contiene. Come dite? Preferite il formato elettronico? Va benissimo anche quello. Purché sia lettura. E allora, per questo ferragosto 2021, ecco la selezione di Gaypost.it.

Federica Fabbiani, Chiara Zanini, Architetture del desiderio

Tra le perle della casa editrice Asterisco troviamo il saggio curato da Federica Fabbiani e Chiara Zanini, Architetture del desiderio.  Un primo piano, sotto forma di saggio, sull’opera della regista Céline Sciamma, ritenuta tra le più originali della cinematografia contemporanea. Una vera e propria «mappatura dell’universo filmico» dell’autrice francese «per restituire la sua poetica di resistenza creativa a precise meccaniche di potere, maschili ed escludenti, che ancora troppo spesso contaminano l’immaginario». Un libro scritto da donne, che parla di universo femminile, di rappresentazione, di presa di parola e di recupero di un’identità.

Céline Sciamma mette in atto, nelle sue opere, «molti i ribaltamenti» che introduce nella sua narrazione «per far saltare i codici prestabiliti e liberare una diversa possibilità narrativa sullo schermo». E così Fabbiani e Zanini ci restituiscono uno sguardo su un’opera multiforme, di denuncia sociale e politica, sempre engagé che mette «in scena linee di forza multiformi e contrastanti attraverso cui la norma si scontra con una pluralità di modalità resistenti» e soprattutto «in termini di genere, razza, classe». Una produzione intersezionale, dunque, che coniuga la poesia che può dare la macchina da presa attraverso uno sguardo tutto al femminile. Un libro per i palati più esigenti e impegnati.

Roberto Sottile, Suca – Storia e usi di una parola

È scomparso di recente Roberto Sottile, docente di Linguistica italiana presso l’Università di Palermo. Forse può sembrare azzardato inserire un testo accademico all’interno dei consigli per l’estate, ma Suca – Storia e usi di una parola (pubblicato da Navarra Editore) ci mette in contatto con quel “qualcosa” in più che stava dietro la proposta culturale di Sottile. L’argomento linguistico non trattato come animale da laboratorio o come fine a se stesso, ma come ricostruzione di una contemporaneità che fa del sapere scientifico fatto vivo e pulsante che si lega al presente. Conoscitore del mondo arabo, già il professore ci aveva dato prova di un’interculturalità che può essere agevolmente letta come antidoto al sovranismo imperante. A cominciare dai suoi studi sugli arabismi nel dialetto siciliano. E quel dialetto lo recupera, nel suo ultimo saggio, per sondarne le grandi capacità espressive e le potenzialità pragmatiche.

«Nel suca palermitano o siciliano o, ormai, italiano c’è molto di più» ci ricorda Sottile, facendo presente la fortuna linguistica nazionale del “disfemismo”. Ovvero «la parola(ccia), che ormai significa tante cose» e che «continua a essere usata e reinventata», diffondendosi «fuori dalla Sicilia» da Palermo, «da dove è partita» e «piano piano si trasforma e si trasfigura, facendosi da un lato un codice alfanumerico, dall’altro una sorta di brand, una specie di must dell’essere palermitano e dell’esserci del palermitano (e sempre più anche di chi palermitano non è)». La storia delle parole racconta molto della storia di chi le usa. E diviene, dunque, storia dell’umanità. Sottile prova a consegnarcene un frammento. Facendoci capire, come spesso nelle sue opere, che le parole difficilmente hanno confini. E che questi sono tutti nella mente di chi ha bisogni di muri e steccati. Un libro consigliato per chi vuole sorridere, imparando al tempo stesso.

Fannie Flagg, Ritorno a Whistle Stop

Ricordate Pomodori verdi fritti? Un film che ha fatto la storia della televisione, tratto dall’omonimo libro di Fannie Flagg. L’autrice, dopo molti anni, ci riporta alla stazione del treno dove si poteva gustare la controversa prelibatezza, piatto forte del locale. E così possiamo sfogliare Ritorno a Whistle Stop, edito da Rizzoli. Il racconto si riaggancia, come vero e proprio sequel, a quanto accaduto nel libro precedente. Il punto di vista è quello di Buddy, cresciuto con la mite mamma Ruth e insieme all’eccentrica zia Idgie. Ormai anziano e ospite in una struttura per anziani, il protagonista scivola via dalla sua stanza dell’ospizio e da un presente che presuppone alla fine, per tornare a quel tempo e per raccontarci nuove avventure che si ambientano lì, alla stazione del treno nella periferia degli Stati Uniti, nel profondo sud dell’Alabama.

«Col passare del tempo» leggiamo nella scheda di presentazione del libro, «Whistle Stop andò via via spopolandosi, i treni smisero di passare e il caffè chiuse una volta per tutte. Dopo molti anni di assenza, di quel posto immerso tra i campi di granturco l’ottantaquattrenne Buddy conserva ricordi dolci e nostalgici, che condivide con sua figlia Ruthie e con chiunque abbia voglia di ascoltare le sue storie». E ci riporta in quelle atmosfere dell’America degli anni ‘3o «con candore e ironia», per tornare a rivedere le storie degli «indimenticabili protagonisti» e delle «atmosfere senza tempo di Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop». Per chi ama le storie commoventi, poderose, ricche di sentimento (ma senza eccesso di sentimentalismi).

Anja Trevisan, Ada brucia

Ha recentemente vinto il Pop – Premio opera prima indetto dal Master Mondadori e coordinato da Andrea Tarabbia, il romanzo di Anja Trevisan, Ada brucia (pubblicato da Effequ). Un romanzo complesso e delicato, da cui emerge un’indagine psicologica «rotonda e complessa» che «è sicuramente un punto di forza notevole di questo romanzo d’esordio». Il tutto col suo «groviglio dei sentimenti annidato nei personaggi» che «emerge con forza e precisione». E l’autrice «pur limitandosi a una rappresentazione completamente priva di giudizio, riesce con delicatezza ed estrema maturità a rendere due interiorità così complesse come quella di un pedofilo e la sua vittima».

La trama è la storia di un abuso. «Rino rapisce la piccola Ada durante una festa patronale. Convinto di amarla, la costringe in casa: così Ada cresce con lui, senza mai uscire, convinta di non poter toccare l’erba e il pavimento fuori perché priva delle scarpe che le impedirebbero di bruciarsi. Il mondo che Rino plasma per Ada, sfumato tra sogni e menzogne, è un carcere perfetto, nel quale la giovane vive senza troppo chiedersi cosa c’è oltre, interrogandosi sulla parola amore e su quello che succede quando si cresce». Fino alla caduta finale, inevitabile. Dove il castello di menzogne e di illusioni, creato ad arte come un mondo fiabesco per tener prigioniera l’ennesima principessa rapita, è costretto a crollare sotto i colpi della verità. E della vita. Consigliato per chi ama una letteratura robusta e di pregio.

Minta Suzumaru, Non volevo innamorarmi

E concludiamo con un fumetto – anzi, più precisamente con un manga – perché è bello anche perdersi in mezzo alle tavole disegnate dall’immaginazione dell’autore. E quindi prendere contatto con la realtà e il suo portato narrativo (a volte più forte della fantasia stessa) non solo attraverso le parole, ma anche attraverso il colore e le immagini. Non volevo innamorarmi è una storia gay, dai contenuti espliciti (e di fatti riservata per un pubblico adulto). Ed è stata creata, per Star Comics, dalla matita di Minta Suzumaru.

«Yoshino è gay» leggiamo sulla scheda di presentazione dell’opera, «ha quasi trent’anni e non ha mai avuto una relazione. Un giorno, quando ormai sta per abbandonare ogni speranza di trovare l’amore, decide di farsi coraggio e varca la soglia di un gay bar dove conosce Ro, un ragazzo dai capelli color argento. Attratto dall’aura di mistero che lo ammanta, lasciandosi trascinare dall’impeto del momento, Yoshino finisce per andarci a letto». E dal sesso, si arriva ai sentimenti. «Arriva un’impacciata e dolce storia d’amore tra un affascinante studente universitario, apparentemente immune ai problemi di cuore, e un timido impiegato che non sa (ancora) cosa significhi innamorarsi». Un’opera consigliata a chi è amante del genere. Forse con uno sguardo più calibrato al maschile, ma che ci mette in contatto con la parte più vera di noi: l’amore e le sue catastrofi.

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