«Cari amici. Stefano Pieralli ci ha lasciati» comincia così il messaggio di Plus, l’associazione che l’attivista aveva contribuito a fondare, che ne annuncia la morte. «Perdiamo un caro amico, un socio fondatore di Plus, un grande attivista, una delle poche persone dotate di una grande capacità di analisi, di senso critico, di onestà intellettuale, un combattente, franco e generoso fino alla fine. Compagno Pieralli, tutti diranno che bel fior» leggiamo ancora.
A regalarci la sua biografia e il senso di un’esistenza dedicata all’attivismo – politico e umano, insieme – è proprio Plus, l’associazione per persone sieropositive che ha contribuito a far nascere. Attraverso le parole di un altro attivista e socio fondatore, Sandro Mattioli, che scrive: «Stefano ha fatto tutto e anche disfatto tutto ma, come sa chi lo conosceva bene, “conteneva moltitudini”. In 40 anni di attivismo ha contribuito a fondare l’Arcigay e a criticarla aspramente». E tra ricordi personali, che ci restituiscono il Pieralli più camp, ricorda ancora che l’attivista fu «tra i fondatori di Arcigay a Reggio Emilia, che gli varrà il secondo nome d’arte di Granduchessa. L’unico circolo che, ancora oggi, riteneva degno della sua idea di associazionismo militante, politico ma poco o per niente ideologico, anzi, molto concreto».
E ancora, Mattioli scrive: «Stefano è stato dirigente del PCI, qualcuno lo ricorda online, ma ha sempre rifiutato proposte di carriera politica legate al suo orientamento sessuale». Marxista “aristocratico” «con una punta di monarchia illuminata (dalla sua luce ovviamente). Trovatene un altro in grado di contenere queste moltitudini». E anche educatore, specializzato nel settore delle «dipendenze patologiche, quindi riduzione del danno, pene alternative, ecc. Anche li in contro tendenza alla logica dei “poverini”, semmai seguendo la logica del vaffa alternato all’ascolto e alla comprensione. Ho potuto constatare di persona quanto bene gli volessero “i suoi ragazzi” – come li chiamava».
Quindi la fondazione di Plus. «Fu Stefano a mettermi sotto al naso il bilancio del Cassero – ovviamente gestione di oltre 10 anni fa – e a farmi notare che con una previsione di spesa di pochi euro per il settore salute “non si fa un checkpoint, torna sulla terra”. Non per caso, è stato il MIT a offrirci spazi per i nostri primi test per HIV» ricorda ancora Mattioli.
Una testimonianza che ci aiuta a capire il profil – professionale, militante e umano – di Stefano Pieralli. E che ci aiuta a comprendere quanto il movimento Lgbt+ deve a questa figura.
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