Aveva 89 anni, Tina Anselmi, quando la notte scorsa si è spenta nella sua casa di Castelfranco Veneto. Tutti la ricordano, giustamente, come la prima donna ministra della Repubblica, nominata da Giulio Andreotti nel 1976 al dicastero del Lavoro e della Previdenza sociale.
Ma Tina Anselmi fu molto di più. Lei e Nilde Iotti, politicamente avversarie (l’una democristiana, l’altra comunista), rappresentarono un’avanguardia dell’affermazione delle donne nella politica istituzionale italiana. Possiamo immaginarle, complici, a trovare l’energia per conservare lo spirito combattivo in un ambiente irrimediabilmente maschilista, come quello parlamentare degli anni ’70, ’80 e ’90.
Staffetta partigiana nella Brigata Cesare Battisti prima e del Corpo Volontari per la Libertà poi, Tina Anselmi non aveva ancora 18 anni quando fu costretta dai nazifascisti ad assistere all’impiccagione di trentuno prigionieri. Fu quella la molla che la spinse a schierarsi, combattendo, dalla parte della Resistenza.
La sua attività politica si snodò tra il sindacato, la Cisl, e il partito a cui fu iscritta da subito, la DC, sempre dalla parte dei diritti e dell’emancipazione delle donne. Fu anche vicepresidente dell’Unione Europea Femminile.
La sua prima elezione alla Camera dei Deputati risale al 1968. Da subito si occupò di famiglia e di donne e a lei si deve la prima legge sulle pari opportunità.
Tra il ’78 e il ’79 fu ministra della Sanità: è il momento in cui l’Italia approva la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza e lo stesso in cui nasce il Servizio sanitario nazionale, di cui lei fu promotrice.
La sua collega e avversaria Nilde Iotti la volle a presidente della Commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2: la prima donna a ricoprire questo ruolo. “Diciamolo con franchezza – commentò Anselmi anni dopo -. Quando a fare le nomine erano gli uomini, mai sono stati sfiorati dall’idea che una donna potesse entrare in una commissione d’inchiesta”. Ricoprì quest’incarico in due legislature, dal 1981 al 1984, svelando l’intreccio di potere e interessi sommersi voluto da Licio Gelli. “Ha costituito motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico”, scriverà la presidente della commissione a proposito della loggia. Un impegno a schiena dritta che i governi Berlusconi (tra i più noti tesserati alla P2) non le perdoneranno mai. Nel 2004, ministra Stefania Prestigiacomo, il governo pubblica un volume, un dizionario, intitolato “Italiane”.
In quella pubblicazione Tina Anselmi viene descritta come una “Partigiana ciellenistica e consociativa” e dell’attività politica viene citata solo la presidenza della commissione sulla P2 sostenendo che “gli interminabili fogli della Anselmi’s List infatti cacciavano streghe e acchiappavano fantasmi”. E non è solo il richiamo al film sull’Olocausto (Schindler’s List, ndr) riferito ad una partigiana a scatenare le proteste delle donne dell’Anpi insieme a giornaliste e scrittrici che firmarono un appello in solidarietà ad Anselmi.
Ma mentre gli uomini della Prima Repubblica finivano, uno ad uno, sul banco degli imputati in uno dei tanti filoni dell’inchiesta Mani Pulite, le donne, lei come Nilde Iotti ne rimasero sempre estranee uscendo dalla scena politica per scelta e non per inchiesta, con dignità ed etica.
Antifascista, a modo suo anche femminista, politica di spessore e valore, onesta e prima ministra donna della Repubblica: tutto questo fu Tina Anselmi. E tutto questo va ricordato.