Gareggerà a tarda, Alice Bellandi, per il torneo dei -70 kg. Alle 4:00, ora italiana. La sua specialità è il judo e si racconta in un’intervista a tutto tondo pubblicata sul cartaceo de La Repubblica. In cui narra di sé, dei suoi problemi alimentari, di come ne è venuta fuori chiedendo aiuto e proprio grazie all’attività sportiva. E poi di Chiara, la sua compagna conosciuta davanti a una granita a Ostia, accanto al centro in cui si allena.
Si laureerà in Scienze motorie, Alice Bellandi. E sa quello che vuole. «Cosa voglio? L’oro, il podio». Una passione che ha da sempre, quella delle arti marziali. Sin da quando era bambina, quando la famiglia la portò il palestra per incanalare la sua aggressività. E racconta non solo il suo essere atleta, ma anche il suo essere donna. Una donna che ama altre donne e non ha paura di dirlo.
Quando si innamorò la prima volta di una sua amica, i suoi genitori compresero subito. «L’hanno capito da soli, non mi hanno detto nulla se non “l’amore è amore”. Il mondo sta cambiando, in meglio». Pensa che sia proprio lo sport a dare una mano, nel processo di inclusione delle persone Lgbt+, soprattutto il mondo dello sport femminile. Poi parla di Chiara: «Lavora in un chiosco non lontano dal centro dove mi alleno. Ci siamo viste, conosciute, piaciute. È stata la prima ragazza che ho portato a casa, a Brescia». Avrebbe voluto essere a Tokyo con lei, ma non si sarebbero viste. E quindi, ha preferito rimanere a casa. «Ci sentiamo di continuo».
E si espone anche sul ddl Zan, Alice Bellandi: «È un provvedimento sacrosanto. Istituire il reato di discriminazione omofoba sarebbe un deterrente contro l’arretratezza che ancora si annida in angoli del nostro paese».
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