“Attivista, provocatore, artista frocio” si definisce così Andrea Giuliano, il giovane italiano che in questi ultimi anni è stato vittima di innumerevoli minacce (ritrovandosi, addirittura, con una taglia sulla testa) per il suo attivismo in Ungheria.
Nei prossimi giorni uscirà il documentario “Il diritto di provocare” (regia di Mátyás Kálmán), per raccontare la sua storia, di come sia finito nel mirino dei movimenti di estrema destra ungheresi e del perché abbia, per il momento, scelto di tornare in Italia.
“È un progetto a cui tengo molto –racconta Andrea –. Ho intenzione di usare questa esperienza per qualcosa di positivo, voglio raccontare la mia storia per dare coraggio a persone che hanno subito bullismo, sono state vittime di aggressioni o altri reati e spingerle a denunciare”.
Ora per Andrea non sussistono le condizioni per restare in Ungheria, ma la battaglia non si ferma: assieme agli avvocati di TASZ (Unione Ungherese per i Diritti Civili), è determinato a portare il suo caso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo; nel frattempo, nelle prossime settimane parteciperà a diversi Onda Pride per raccontare la sua esperienza, diffondere il documentario e spiegare il suo “diritto di provocare” (appuntamenti già confermati: Caserta Pride e Siracusa Pride).
Andrea Giuliano e le minacce di morte in Ungheria
La vicenda di Andrea ha inizio nel 2014 quando durante il Budapest Pride, il giovane attivista si è presentato vestito da prete irridendo “Motociclisti dal sentimento nazionale” un gruppo xenofobo, omofobo e antisemita, caratterizzato dall’inquietante slogan “Dai gas!”. La sua sprezzante ironia è stata accolta con minacce su web, appostamenti sotto casa, pressioni sul posto di lavoro affinché fosse licenziato finanche una taglia di 10.000 dollari sulla sua testa.
A seguito della sua provocazione, Andrea Giuliano ha subito un processo per aver infangato il “buon” nome del gruppo di motociclisti (gli stessi che hanno posto la taglia di 10.000 dollari); ha denunciato centinaia di persone per hate speech, minacce di morte, stalking, violazione della privacy ed altre accuse ma le autorità hanno preferito non indagare lasciando impuniti i responsabili (forse perché dietro alle minacce ci sono diversi personaggi che ricoprono ruoli pubblici e politici?); lo scorso luglio è stato aggredito e poi giorni fa il responsabile è stato giudicato colpevole in primo grado; ha ricevuto minacce anche dall’Italia e ha denunciato due persone alla polizia postale.
Abbandonato dalle autorità locali, dopo aver anche perso il lavoro, Andrea ha scelto di rientrare in Italia. Ora vive a Torino, dove continua a lottare come attivista, provocatore, artista frocio.
(foto copertina di Mirko Isaia)