“Negare l’assistenza sessuale ai disabili credendo di combattere in questo modo la prostituzione, è una cosa talmente assurda quanto ipocrita”. È questa la conclusione a cui arriva Maria Rosaria Malapena, lesbica, disabile e attivista di Arcigay, in una riflessione pubblicata sul sito dell’associazione.
Quello dell’assistenza sessuale ai disabili è un argomento molto dibattuto e un campo in cui da qualche tempo, almeno in alcune città, si stanno sperimentando interventi. A riportare l’argomento al centro del dibattito dentro la comunità lgbt è stata la lettera inviata da ArciLesbica al Pd qualche giorno fa. Nella sua missiva, l’associazione di donne si è detta nettamente contraria all’assistenza sessuale alle persone disabili perché, a loro avviso, sarebbe come legalizzare la prostituzione. Nel documento, per altro, si parla solo degli uomini eterosessuali disabili e di potenziale prostituzione femminile.
Corpi fatti di carne, ossa, sangue e ormoni
“Da persona disabile e lesbica, da sempre attenta alle questioni legate a sessualità e disabilità – scrive Maria Rosaria -, mi urge invece ribadire che, quando si parla di assistenza sessuale per le persone disabili, si parla di offrire un’opportunità a persone con disabilità che molto spesso sono prigioniere, oltre del proprio corpo, anche delle proprie case e dei propri letti e non hanno la possibilità di trovare alternative”.
È proprio sul corpo e sulla sua liberazione, punto chiave delle politiche di rivendicazione del movimento lgbt, che Maria Rosaria centra il suo discorso. “Il corpo dei disabili, anche quando infermo o malformato – scrive -, è un corpo fatto di carne e ossa, di sangue e ormoni, come tutti gli altri corpi e quindi è un corpo che desidera avere piacere come tutti gli altri corpi”.
Un bisogno che dovrebbe diventare diritto
“Quello dell’assistenza sessuale è un bisogno che dovrebbe diventare un diritto per un semplice motivo – spiega l’attivista -: la persona disabile, di qualsiasi orientamento sessuale, deve avere la possibilità di scegliere di toccare o di essere toccata nel corso della propria esistenza anche se il corpo, ad esempio, lo trattiene in un letto. È un diritto umano e civile dare dignità alla persona disabile e alle esigenze del suo corpo, anche sessualmente, altrimenti non si fa altro che reiterare un meccanismo di esclusione e privazione. Meccanismo di esclusione e privazione che le persone disabili conoscono purtroppo molto bene”.
La legalizzazione della prostituzione
Riguardo l’accusa di volere legalizzare la prostituzione, Maria Rosaria spiega che “si tratta di due cose solo apparentemente simili ma, in realtà, sostanzialmente diverse”. Ma aggiunge che “sono altresì persuasa che la legalizzazione della prostituzione offrirebbe maggiori garanzie e tutele sia a chi decide liberamente, consapevolmente e legittimamente di prostituirsi, sia a chi sceglie di fruirne i servizi”. “Negare l’assistenza sessuale ai disabili credendo di combattere in questo modo la prostituzione – conclude -, è una cosa talmente assurda quanto ipocrita, che farebbe certamente sorridere se non compromettesse tristemente la vita di tante e tanti che, dalla vita sono stati già duramente messi alla prova”.