La mia prima e unica volta a Bruxelles è stato un anno fa, insieme a Luca e Sergio in visita al Parlamento Europeo per un’iniziativa sulle famiglie arcobaleno europee.
I ricordi di quelle 24 ore riguardano soprattutto il povero Luca alle prese con una brutta gastroenterite e scene degne del film “L’esorcista”.
Ma riguardano anche il palazzo del Parlamento Europeo e la sensazione di essere in un posto importante, dove le culture si incontrano e dove si cerca di risolvere problemi di non facile soluzione.
E ancora più agghiacciante è leggere che c’è chi cavalca questa tragedia, seminando ulteriore odio, buttando altra benzina sul fuoco del pregiudizio e dell’intolleranza, un fuoco che sembra destinato a bruciare all’infinito come fosse una fiamma inestinguibile.
Io ho paura.
E razionalmente so che è una paura profonda, malsana, e che in alcuni momenti rischia di paralizzare i pensieri, di offuscare la mente.
Come ho scritto già altrove, la strategia di chi fa terrorismo è proprio quella di fare leva sulle nostre più grandi paure tanto da trasformarle in terrore.
Ma se provi terrore smetti di vivere, e allora bisogna farsi forza, razionalizzare, e rimboccarsi le maniche per trovare una soluzione per noi tutte e tutti, e soprattutto per le generazioni future.
Io non voglio che Luca cresca in un mondo meno libero, meno accogliente, in preda a mille paure dove diffidenza e pregiudizio la fanno da padrone.
Quindi vi prego, fermiamoci un attimo tutte e tutti.
Smettiamola di dare giudizi e puntare il dito indistintamente contro “i paesi arabi” piuttosto che contro i “paesi occidentali”.
Continuiamo a vivere senza paura, cerchiamo soluzioni condivise.
E costruiamo ponti invece che muri.
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