Xulhaz Mannan, direttore dell’unico magazine Lgbt del Bangladesh, è stato ucciso in uno degli attacchi in cui sono stati colpiti molti blogger e attivisti locali.
L’omicidio si è verificato a Dacca, la capitale, e perpetrato, secondo la polizia, da una banda che tentava di entrare nella sua casa nel quartiere di Kalabagan.
La polizia ha confermato che circa sei persone sono entrate nell’appartamento dell’uomo, al primo piano, ed hanno ucciso lui ed un altro uomo che si trovava con lui mentre altre due persone sono rimaste gravemente ferite. Per farsi aprire la porta, uno degli assassini si è finto un corriere che doveva consegnare un pacco. Una volta all’interno dell’appartamento, si sono uditi colpi di arma da fuoco. Il portiere, che era accorso avedere cosa stesse accadendo, è stato aggredito con un coltello, ma è ancora vivo.
Secondo quanto riportano diverse fonti giornalistiche, Mannan aveva fondato Roopbaan nel 2014 per diffondere una cultura di inclusione della comunità lgbt locale.
Mannan era conosciuto anche dal corpo diplomatico statunitense per il suo lavoro con USAid. L’ambasciatrice statunitense in Bangladesh, Marcia Bernicat, ha condannato l’accaduto dichiarandosi “devastata per il brutale omicidio di Xulhaz Mannan e di un altro giovane bengalese”.
L’assassinio del giornalista è l’ultimo di una lunga serie di efferati omicidi ai danni di blogger e intellettuali. Stando al The Guardian, all’inizio del mese era stato ucciso Nazimuddin Samad, 28 anni, blogger ateo e studente di legge, mentre solo qualche giorno fa aveva trovato la morte in un attacco anche Rezaul Karim Siddique, 58 anni, docente di inglese, colpito a morte con un macete.
In Bangladesh le relazioni tra persone dello stesso sesso sono illegali e molti attivisti sono stati costretti all’esilio. Mannan era stato il promotore di una annuale “corsa rainbow” che quest’anno non si era tenuta per ordine della polizia. A seguito dell’annullamento della corsa, quattro ragazzi erano stati arrestati e rilasciati solo dopo che la polizia aveva comunicato alle loro famiglie l’orientamento sessuale dei quattro. Mannan era molto amato ed era considerato uno dei primi, se non il primo, ad avere reso pubblico il proprio orientamento sessuale in un paese in cui fare coming out significa mettere in pericolo quanto meno la libertà personale.
“La polizia bengalese ha una responsabilità legale nel proteggere e rispettare il diritto alla vita – ha dichiarato Champa Patel, responsabile di Amnesty International South Asia -. Deve immediatamente focalizzare la propria attenzione nel proteggere chi esprime le proprie opinioni coraggiosamente e pacificamente, oltre che assicurare gli assassini alla giustizia. Le autorità devono condannare fermamente fatti del genere, cosa che non è ancora accaduta”.