La stagione dei pride deve ancora entrare nel vivo e già abbiamo le prime polemiche. È successo a Potenza, dove ieri si è celebrata la prima marcia dell’orgoglio della Basilicata, ma non tutto è andato per il verso giusto. In un comunicato diramato oggi dal circolo Arcigay di Caserta si legge: «Rain Arcigay Caserta ritira durante il corteo le sue bandiere in segno di protesta durante il Potenza Basilicata Pride». Ma cosa è successo nello specifico?
La versione di Arcigay Caserta
Abbiamo intervistato Laura Maria Santonicola, al centro della vicenda, che a Gaypost.it ha dichiarato che già «durante i discorsi pubblici iniziali, sia dalle istituzioni sia da altri attivisti, è stato accennato un paio di volte il concetto che il pride non è una carnevalata e non si fa con le tette di fuori». Così la vicepresidente dell’associazione campana, insieme ad altre attiviste, hanno deciso di scoprire il seno come atto politico: «In realtà l’avevo già programmato, perché ritengo che la rivoluzione per le persone trans e intersex passi anche dal corpo, che è un argomento scomodo e pruriginoso». Santonicola, insieme a Daniela Falanga e a Ottavia Voza decidono perciò di togliere la maglietta: «Facciamo qualche foto in tranquillità, loro si ricoprono e io continuo la parata, in mezzo alla folla sotto il carro».
L’invito a rivestirsi
Dopo un po’ viene fermata da un gruppo di persone, tra cui Nadia Girardi, presidente di Arcigay Basilicata, che le intimano di rimettere la maglietta, «cosa che faccio dopo aver cercato di spiegare l’idea che c’era dietro e che non ero la sola a volerlo fare». (continua dopo il video)
Pride potenza!❤ Luciano Jacopo Ortis Pubblicato da Gianni Navolio su Sabato 3 giugno 2017
Santonicola si ricopre, dunque, ma a quanto pare non è stato sufficiente per placare gli animi: «Nadia poco dopo ha fermato la parata per dire che una sua amica (io) si era spogliata, e per chiedere ai partecipanti eventualmente di rivestirsi. Tra le varie cose ha invitato a non essere “volgari”, spiegando che anche lei si era vestita da drag queen – cosa che ritengo piuttosto diversa dal messaggio che cercavo di lanciare io – ma era vestita».
Le contestazioni
L’attivista si dice «un po’ delusa, soprattutto dalle istituzioni e dal loro atteggiamento nei confronti di Arcigay Basilicata, che hanno “concesso” il pride a condizione che fosse “sobrio”» ed «anche da Nadia Girardi che stimo molto come collega di attivismo e non pensavo avrebbe trattato così i membri della sua comunità, mettendo il moralismo di certi soggetti istituzionali davanti alla libertà di espressione della comunità».
Un gesto che, secondo Laura Santonicola, non è nemmeno piaciuto alla piazza: «Ci sono state diverse reazioni indignate nei confronti di Nadia dopo il fatto, specie quando i ballerini sul carro si sono spogliati alcune persone hanno preteso che si rivestissero perché sarebbe stato ipocrita mostrare il corpo di un uomo cisgender e coprire invece quello di una donna trans».
Il “corpo trans” crea scandalo?
Conferma la versione di Santonicola il presidente di Rain Caserta, Bernardo Diana. L’associazione, come si legge nello stesso comunicato, ha deciso di abbassare le bandiere, in segno di «solidarietà con la nostra Vice Presidente e in continuità con i propri valori e scopi» e «e così hanno fatto altre associazioni». La polemica è proseguita quando si è «chiesto ai ballerini sul carro di rivestirsi, perché a quanto pare il problema è solo se a scoprirsi sono le donne, transgender o cisgender che siano». Ed i problema sembra, quindi, essere proprio questo: è lecito che il corpo maschile possa essere esibito, mentre reca scandalo la nudità di una donna, soprattutto se trans? La polemica, intanto, si è trasferita sui social.
La replica di Arcigay Basilicata
Smentisce la richiesta di sobrietà, da parte delle istituzioni, la presidente Girardi che invece insiste sul successo che ha rappresentato il primo pride presso la comunità potentina, dichiarando: «Mi dispiace di questo fraintendimento, il nostro pride è stato un successo».
Dichiarazioni a cui si accoda anche la vicepresidente dell’associazione lucana, Antonella Giosa: «Viviamo il nostro territorio, sappiamo quali sono le difficoltà che si incontrano quotidianamente. Abbiamo misurato e studiato l’approccio giusto per studiare un cammino che è al suo inizio. Non potevamo fare altro che farlo in questo modo. Ovviamente il lavoro da fare prosegue». Alla domanda se proprio tali modalità rischiano di dar ragione a chi vuole una comunità Lgbt meno libera, Giosa nega decisamente: «Non siamo negli anni settanta/ottanta. Il modo di fare la lotta è cambiato. Noi parliamo a una comunità più ampia».
L’errore? La dichiarazione dal palco
«L’errore, evitabilissimo, è stato» dichiara Ottavia Voza «fare una dichiarazione dal palco del Pride, prima dell’inizio della parata, e quando a nessuno sarebbe mai passato in mente di denudarsi, che suonava esattamente così: “il Pride non è l’occasione per andare con le tette da fuori”». Una reazione politica, quindi, a quella che è stata percepita come una censura.
«Una dichiarazione che quindi, fatta dal palco, assumeva una chiara connotazione politica che in cinque secondi buttava nel cesso cinquant’anni di battaglie per la liberazione dei corpi e per il principio di autodeterminazione, “arricchendo” la tradizionale denigrazione del Pride di un elemento sessista veramente fastidioso».
Proseguire il cammino di liberazione
Nonostante questi incidenti, le interessate ribadiscono tuttavia stima reciproca e si riconosce il lavoro svolto dalla comunità lucana, come dichiarato dalla stessa Daniela Falanga in un commento su Facebook. Un tentativo, forse, di chiudere una polemica che come sempre in occasione dei pride rischia di esacerbare gli animi. Nella speranza che questo episodio sia da stimolo a tutti e tutte per proseguire nel cammino di liberazione, cercando di favorire percorsi in cui tutti e tutte siamo accettati/e per quello che siamo. Il pride è un abbraccio e deve prevedere chiunque si riconosca nel concetto di autodeterminazione. All’opposto di questo c’è, appunto, il modello eteronormativo contro il quale combattiamo.