Continua inarrestabile la crisi di Arcilesbica, che perde un altro pezzo. Un pezzo da novanta, verrebbe da dire, perché il circolo che oggi ha detto addio all’associazione è quello di Bologna. Addio che è stato votato all’unanimità e che sancisce il traghettamento in Arci. Il direttivo della realtà emiliana ha quindi convocato una conferenza stampa per comunicare le ragioni della disaffiliazione dalla rete nazionale: l’incontro si è tenuti oggi, a mezzogiorno, al Cassero.
«Il circolo di Bologna è un’associazione indipendente che compie vent’anni e rimane se stessa con la propria storia e la propria struttura, direttivo compreso» ha dichiarato Carla Catena, presidente dell’ormai ex Arcilesbica bolognese. «Semplicemente si disaffilia da Arcilesbica Nazionale». La nuova realtà prenderà il nome di Lesbiche Bologna. «Bisognava modificare il nome» per disancorarlo da quello della “casa madre”, «e per il momento se ne è scelto uno generico».
Sulla direzione che sembra voler prendere il nuovo soggetto politico, non sembrano esserci molti dubbi: «Partiamo ascoltando le voce e le vite di tutte persone lesbiche e bisex, anche trans, perché vogliamo essere una realtà inclusiva», dichiara Maria Laricchia, membro del direttivo. Proprio il rapporto con la comunità transessuale era stato al centro di vibranti polemiche, l’estate scorsa. «Al centro del nostro lavoro» continua «ci sarà in primis l’autodeterminazione delle donne lesbiche» puntando l’accento su una serie di importanti questioni, «quale quello della disabilità, delle malattie sessualmente trasmissibili, della legge contro l’omo-transfobia»
«Nel proseguire il nostro lavoro, con questo nuovo nome» aggiunge Anita Lombardi, anche lei nel direttivo bolognese «continueremo a investire sui nostri rapporti sul territorio, come ad esempio le linee lesbiche antiviolenza in collaborazione con la “Casa delle donne per non subire violenza” di Bologna». Si delinea, perciò, un vasto programma di dialogo e inclusione che – probabilmente, dopo il congresso di dicembre scorso – non era più possibile proseguire rimanendo nel circuito nazionale.
Ma non solo. Nelle parole della consigliera, emerge un dettaglio di non poco conto: «Siamo molto contente del risultato ottenuto» continua Lombardi, facendo notare che «il circolo di Bologna è il circolo più grande di Arcilesbica sia numericamente sia per la sua storia. Ciò ci fa sperare che saremo un punto di riferimento per la comunità lesbica e femminista». E tornando sul nome scelto: «Lesbiche al plurale è una scelta perché le lesbiche sono tante, ci sono donne lesbiche, trans lesbiche, donne queer, bisessuali e quindi speriamo di essere un importante punto di riferimento nazionale». Il primo ciclo di interventi è stato quindi chiuso da Carla Catena che ha ringraziato il Cassero per il sostegno e si è poi commossa di fronte ai presenti.
Varie le ragioni che hanno portato alla disaffiliazione. A quanto si apprende, Arcilesbica Nazionale ha presentato ai circoli una carta d’intenti per la quale, per potere continuare con il tesseramento dentro l’associazione, le altre realtà avrebbero dovuto aderire per iscritto alle tesi del congresso. Un atteggiamento illiberale e poco rispettoso delle singole autonomie locali, che per altro va in conflitto con il concetto di autodeterminazione che dovrebbe essere faro per le realtà femministe – o presunte tali – del nostro Paese.
Abbiamo chiesto, quindi, a Catena se fosse a conoscenza di altri circoli affiliati che avrebbero perseguito lo stesso percorso, come già successo ad esempio per LesbicheXXBergamo. «Dopo il congresso ciascun singolo circolo ha iniziato a pensare ad una fuoriuscita» ha dichiarato la presidente. «Perugia e Udine ad esempio si sono autosospese e si avviano alla disaffiliazione. Bari sta avviando lo stesso percorso». Per il resto, ha detto ancora, «non sappiamo quali e quanti saranno» ma si spera che seguano questa strada «tutti i circoli che hanno manifestato la contrarietà alle posizioni rigide della dirigenza di Arcilesbica Nazionale: ad esempio in tema di Gpa», argomento che pare non ammetta «opinioni e posizionamenti diversi se non la tesi assolutistica abolizionista» e ricorda ancora, Catena, che questo «non può e non deve diventare un tema principale dell’associazione».
«Rispetto alla rete» ha risposto ancora «penso che sarebbe bello ritrovarsi cercando un collegamento più fluido e orizzontale e diverso da quello della vecchia Arcilesbica Nazionale che ha una struttura monolitica e verticale». E riguardo al congresso, pochi dubbi in merito: «Abbiamo deciso di non richiedere l’annullamento nonostante i meccanismi di voto. Per noi, dunque, è valido. Anzi, esso ha un preciso valore politico e, probabilmente, è stato utile perché ha permesso questo percorso». Insomma, una spaccatura che somiglia più alla parabola della fenice. Qualcosa deve morire affinché qualcosa di nuovo, e migliore, possa prendere vita. Dalle sue stesse ceneri.
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