Generalmente quando ci si trova davanti a due ragazze etero che si baciano si tende ad interpretare questo comportamento come gioco. Ma se lo stesso comportamento lo hanno due ragazzi etero, l’immaginario collettivo categorizza questo gesto quasi automaticamente come “gay”. Questa differenza di posizioni ha derivazioni per lo più socio-culturali che sono basati su stereotipi riguardo i due sessi; basti pensare, infatti, che una delle fantasie più comuni dell’uomo eterosessuale riguarda proprio comportamenti intimi-sessuali tra due donne.
Con questa premessa rimane ancora difficilmente comprensibile il fenomeno sempre più comune con nome di bro job. Il bro job è una tendenza sessuale emersa recentemente negli Usa in cui due uomini oltre a baciarsi praticano sesso orale e anale e viene spiegata dalla professoressa Jane Ward nel suo ultimo libro “Not Gay – Sex between straight white man”. La professoressa ha investigato il fenomeno attraverso lo studio dei comportamenti e dell’orientamento sessuale per comprendere meglio il fenomeno è le eventuali relazioni con l’orientamento sessuale stesso. Analizzando una serie di fenomeni, come quello degli annunci sulle chat, testimonianze, usi e costumi sociali, l’autrice arriva ad affermare che ricercare o mettere in pratica comportamenti tipicamente omosessuali tra uomini eterosessuali non sia solo una realtà presente, ma che comporti addirittura un “rafforzamento” dell’identità maschile eterosessuale di un individuo, senza mettere in crisi né la propria identità sessuale né le scelte affettive.
Ciò sembra confermare anche per l’universo maschile quella che Lisa Diamond (2000) definisce “fluidità sessuale”, fino ad ora caratteristica attribuita maggiormente alle donne e non agli uomini. Sembrerebbe, così, che anche l’uomo possa sperimentare il piacere sessuale al di là dell’etichetta assegnata dall’orientamento sessuale, rompendo lo stereotipo di una rigidità sessuale maschile. Le pratiche sessuali tra maschi eterosessuali, infatti, riguarderebbero il raggiungimento di un piacere a tutto tondo che va dal bacio alla penetrazione, attraverso richieste (via chat o social) di fare sesso con un partner “non gay”.
La tesi interessante proposta da Ward a proposito del bro job vuole che i maschi eterosessuali mettano in pratica questo tipo di sessualità quasi a voler ulteriormente rafforzare il proprio orientamento eterosessuale, vivendo liberamente la propria sessualità e senza nessun tipo di conseguenza sul proprio orientamento.
Sicuramente ciò può apparire bizzarro proprio perché tali atteggiamenti e comportamenti sessuali escono fuori da schemi tipici e categorizzati, o semplicemente passano al vaglio del pregiudizio che indica, quasi banalmente, questi uomini come gay o bisessuali senza tenere conto di una dimensione importante: quella della trasgressione.
Trasgredire, infatti, è tutto ciò che appare singolare e “diverso” nell’immaginario di ogni essere umano, un’esperienza che prevede un nuovo spazio di azione, da un altro punto di vista. Dal punto di vista sessuale, non è espressione unicamente della novità erotica, ma anche della sperimentazione reale di bisogni impliciti di ogni individuo. Trasgressiva, dunque, diventa qualsiasi esperienza nuova, o diversa, non usuale, ma personale e che supera i livelli stereotipici di una norma socialmente condivisa (Quattrini, 2015). Letto così, il bro job diventa un comportamento sessuale semplicemente “trasgressivo”, nel senso di “rottura delle regole”, col fine di vivere una sessualità altra, scevra da stereotipi eterosessuali ed eterosessisti sull’orientamento.
Ponendosi, dunque, con un’ottica non giudicante verso questo tipo di comportamento sessuale da parte del maschile, si potrebbe indagare anche su come la sessualità maschile si stia sviluppando ed evolvendo, attualmente, verso una maggiore fluidità, in modo del tutto indipendente dall’orientamento sessuale.
Ciò che è importante sottolineare nel fenomeno del bro job, come per ogni dimensione della vita psico-sessuale degli individui, è l’importanza di vivere la propria sessualità in modo sereno, senza dover necessariamente rispondere ad un modello culturalmente (e stereotipicamente) condiviso, ma che permetta di esprimere se stessi, nel pieno rispetto di sé e dell’altro diverso da sé, senza difficoltà o problematiche.
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