L’omotransfobia ha colpito 109 volte, in Italia, nel 2016. Nel 2017 sono diventati 144, nel 2018 ben 211 e nel 2019 212 e 2 morti. A riportare i dati è Simone Alliva nel suo libro “Caccia all’omo – viaggio nel paese dell’omofobia”, in libreria da un paio di giorni per le edizioni Fandango.
Numeri che preoccupanti che arrivano nel momento in cui il dibattito pubblico sulla legge contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere è entrato nel vivo.
I numeri non raccontano tutta l’omotransfobia
Numeri che sono uno schiaffo a chi da tempo sostiene che non sia necessaria una legge specifica perché, dicono, gli strumenti per perseguire questi reati sono impliciti nelle leggi già in vigore.
Numeri che, va ricordato, sono solo indicativi. Mancando, infatti, il reato specifico è difficilissimo raccogliere dati precisi. A questo si aggiunge la difficoltà che spesso le vittime hanno a dichiarare la natura dell’aggressione subita, oltre al fatto che molti casi non vengono denunciati. E’ il caso di D. che Alliva incontra a Bologna, forse la più friendly, finora, tra le città italiane. La notizia della sua aggressione non è mai trapelata. D. non è dichiarato e teme di essere facilmente identificato e quindi, di dover rivelare di essere gay. Come la sua, sono tantissime le storie di violenza che restano nascoste.
Da nord a sud, dentro e fuori casa
Il libro di Alliva nasce dall’omonima inchiesta che il giovane giornalista ha pubblicato su L’Espresso lo scorso anno.
Ma già da allora era chiaro che una o due pagine di un settimanale non potevano raccogliere tutte le storie che Alliva aveva raccolto alle quali, col tempo, se ne sono aggiunte altre.
Ne emerge un quadro drammatico del livello di omotransfobia che attraversa il Paese, da nord a sud senza confini geografici. Ma anche dentro e fuori le mura domestiche perché se sei gay, lesbica, trans, bisex, se non sei etero e cisgender anche la famiglia può diventare un inferno.
E poi c’è l’omofobia organizzata, quella che si sceglie sigle e simboli rassicuranti, ma che crea fantasmi e alimenta un immaginario in cui non c’è posto per chi non rientra in uno schema precisa. Quello dell’etero cisgender, appunto. Un’omofobia che trova facile sponda perfino nelle istituzioni, soprattutto da qualche anno a questa parte. Da quando, cioè, il clima è peggiorato per chi appartiene ad una minoranza.
Il populismo e l’omotransfobia
Un’inchiesta, quella di Alliva, che affronta anche aspetti con cui la stessa comunità lgbt+ fatica a fare i conti. Com’è possibile, ad esempio, che giovani gay scelgano di militare o almeno di parteggiare per formazioni di estrema destra, dichiaratamente omofobe come Casa Pound? L’autore se l’è chiesto ed ha incontrato alcuni ragazzi gay che militano in organizzazioni neofasciste. La risposta si trova allargando lo sguardo e puntando gli occhi dove la politica non è stata in grado di trovare soluzioni ai problemi quotidiani delle persone. Perché se sei senza un lavoro che ti permetta di portare a tavola la cena e ti hanno spiegato, strumentalmente, che “loro” pensano solo “ai froci” e non si occupano della povera gente, è facile convincerti che la tua identità è secondaria, quasi non importa. Le risposte facili ai problemi difficili sono il pane di cui si nutre il populismo, senza comunque risolvere i problemi.
Una buona legge non basta
C’è tutto questo, in “Caccia all’omo”. C’è il racconto puntuale di “qualcosa che pulsa nell’anima di questo paese e fa paura”.
Un’inchiesta necessaria in questo momento storico preciso. Un libro che tutti dovrebbero leggere per capire che oltre a una legge, una buona legge, contro le violenze serve anche tanta, tantissima cultura della diversità e dell’inclusione.