Sono un vermicello, Resisti, Tigre in gabbia, Vento fresco, Senza controllo, Pioggia… Ricomincio dall’acqua. Leggendo i titoli dei capitoli che scandiscono il romanzo di Francesca De Angelis, Ricomincio dall’acqua (Augh! edizioni, 2016), ci rendiamo conto di avere tra le mani un libro che segue un percorso di liberazione. Inscritta in questa parabola potrebbe esserci la vita di ciascuno di noi, non solo quella della protagonista Giulia, ragazza omosessuale alla ricerca della sua identità. Molte delle parole che l’autrice usa per nominare i capitoli del libro suonano familiari a chiunque si sia trovato a scoprirsi omosessuale e ad affrontare il disagio personale, che deriva dallo stigma sociale dell’omosessualità: il rapporto con noi stessi è sempre influenzato (a volte drammaticamente) da quello che abbiamo con gli altri. «Un vulcano congelato» è il titolo che più colpisce, perché nella parola «congelato» è racchiuso tutto il mondo del/della adolescente che scopre di avere un orientamento sessuale diverso dalla maggioranza ed è costretto/a, almeno in una prima fase, a lasciare assiderare una parte di sé, per nasconderla.
Ma questo è solo uno dei temi toccati in Ricomincio dall’acqua: al centro della narrazione c’è la malattia mentale di Giulia, la cui scoperta costituisce la chiave di volta nella vita della protagonista. «Non so dire bene cosa mi accadesse attorno. I miei discorsi erano sconnessi, slegati dalla realtà quotidiana e dalla mia persona. Un mostro oscuro e feroce si era impossessato della mia mente e la presidiava affinché nessun altro potesse avervi accesso»: a questa sconnessione Giulia riesce a dare un nome, «disturbo bipolare», solo dopo aver attraversato un inferno di incontri con specialisti, sedute di psicoterapia e di sovra-interpretazioni personali. Prima della diagnosi, Giulia si era convinta di non essere una ragazza omosessuale, ma di essere un uomo incastrato nel corpo di una donna: dunque aveva creduto di dover iniziare un percorso di transizione per diventare un uomo (FtoM, Female to Male), dandone annuncio su Facebook: «Chiamatemi Giulio» aveva scritto. Ma nel capitolo Femminilità individua le ragioni per cui, pur essendo omosessuale, desidera essere e restare donna, sfatando il mito diffusissimo che associa l’essere omosessuale al desiderio di appartenere al sesso opposto, confondendo orientamento sessuale e identità di genere.
Anche dopo la diagnosi di bipolarismo la vita continua ad essere dura per Giulia: non è facile convivere con una malattia del genere. Ma un passo avanti viene fatto dalla protagonista proprio grazie alla scrittura, definita «elemento salvavita»:
«Mi ci vuole un elemento salvavita, un medicinale che non sia pieno di chimica e che non dipenda dagli altri. Devo farlo da sola. Devo salvarmi da sola perché non so ancora quante altre volte il mondo sarà disposto ad accogliere i miei drastici cambiamenti comportamentali. Ho trovato una biblioteca non lontanissimo da casa, certo devo sempre prendere l’auto ma ho un nuovo compito che non mi è stato affidato da nessuno, se non da me stessa, e che intendo portare avanti. Adoro le biblioteche, i tavoli, gli scaffali con i libri, la gente che studia, legge, si informa, ricerca. Mi mischio in mezzo a loro, porto con me il computer e davanti allo schermo scrivo tutto ciò che mi passa per la mente.»
Se alla scrittura viene riconosciuta una forza terapeutica, sarà solo grazie a un contatto concreto, vivo, che Giulia troverà la forza di riprendere attivamente e serenamente la sua vita. «Ricomincio dall’acqua. È il mio elemento, è così che lo vivo. Voglio lasciare che essa riempia gli spazi vuoti attorno, avvicini le distanze, scivoli sul corpo e rimanga dietro di me senza allontanarsi, voglio che mi accarezzi la nudità senza ferirla, tamponando i varchi che ho lasciato inavvertitamente aperti all’incuria. È la mia nuova vita, mi hanno dato un’altra opportunità» si legge in apertura del libro, come un’epigrafe, dopo la dedica ai genitori, alle «radici». Sarà proprio questo elemento carico di significati simbolici legati alla rinascita, alla purificazione e al materno a segnare la “svolta”. Con un riferimento all’acqua si chiude il libro, così come si è aperto: «Ho ricordato per un attimo il buio che mi ha circondato in questi anni. La luce abbagliante che cadeva dal soffitto della piscina è sparita per dei lunghissimi secondi. Ho temuto di affogare. Poi ho sentito un tocco delicato sfiorarmi la spalla. Era lei, col suo sorriso bianchissimo e nuovo. “Allora, ricominciamo!” ha proposto lei. “Sì, ricominciamo!”».