Per due anni sono stati raccolti dati e testimonianze: oggi Istat e UNAR raccontano la ricerca condotta sulle discriminazioni che le persone LGBT+ in Unione Civile subiscono sul posto di lavoro.
I dati dell’indagine
Sono oltre 20Mila, pari al 95,2% del totale, le persone in unione civile che vivono in Italia e dichiarano apertamente un orientamento omosessuale o bisessuale. Il restante 4,8% dichiara un orientamento asessuale, l’1,3% un altro orientamento. La quota restante preferisce non rispondere.
Tra quante dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale, il 26% dichiara che il proprio orientamento ha rappresentato uno svantaggio nel corso della vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati nell’indagine svolta da Unar e Istat.
Che sono: carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione.
La stragrande maggioranza delle persone omosessuali o bisessuali (in unione civile) dichiara che il proprio orientamento sessuale è noto almeno a una parte dei colleghi e colleghe (92,5%), con un’incidenza minore tra le persone bisessuali (l’86,2%).
In ufficio non si dice
Ben il 40,3% delle persone intervistate confessa di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento (41,5% tra le donne, 39,7% tra gli uomini).
Una persona su cinque afferma di aver evitato di frequentare colleghi e colleghe nel tempo libero per non rischiare di rivelare il proprio orientamento.
Aggressioni, violenze, “battute”
Il fenomeno è più diffuso tra i dipendenti o ex-dipendenti e riguarda più spesso l’essere stati calunniati, derisi o aver subito scherzi pesanti (46,5% di quanti hanno segnalato di aver sperimentato almeno un evento di clima ostile o aggressione), l’essere stati umiliati o presi a parolacce (43,9%).
L’episodio maggiormente segnalato è invece l’aver ricevuto offese, incluse quelle di tipo sessuale (45,6%).
A prescindere dal tipo di occupazione, sono le donne a subire tali offese più di frequente (43,8% contro 30,3%
degli uomini) mentre tra gli uomini è molto superiore la quota di quanti sono stati calunniati, derisi o che hanno
subito scherzi pesanti.
Sono circa sei persone su dieci quelle che hanno sperimentato almeno una volta una micro-aggressione in ufficio. Ma cosa intendiamo per “micro-aggressione”? Brevi interscambi spesso ripetuti che inviano messaggi denigratori, insulti sottili spesso verbalizzati in modo automatico o inconscio.
La parola con la F
L’esperienza più diffusa è aver sentito qualcuno definire una persona come “fr*cio”. C’è poi l’uso in modo dispregiativo delle espressioni “lesbica” e “è una cosa da gay”.
Le donne indicano in misura maggiore degli uomini l’aver ricevuto una retribuzione e mansioni inferiori, vedere rifiutati congedi, permessi (parentali o di altra natura) o promozioni.
Una persona Lgbt+ su tre di dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione mentre cercava lavoro. Discriminazioni ascrivibili a una pluralità di altre caratteristiche come origini straniere, condizione di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere.
Circa una persona su cinque afferma di aver vissuto esperienze di clima ostile e aggressività nel proprio posto di lavoro.
Le discriminazioni e le aggressioni fisiche
Con riferimento a chi lavora, il 34,5% riferisce di aver subito almeno un evento di discriminazione durante lo svolgimento del proprio lavoro.
Con riferimento all’ultima esperienza di aggressione vissuta, il 57,2% di chi ha dichiarato di averne subita
almeno una, riporta che i responsabili di tali eventi sono colleghi di pari grado; seguono clienti, fornitori,
consulenti e altre persone dell’ambiente lavorativo.
Nel 40,3% dei casi la persona non ha fatto nulla in risposta all’accaduto. Il 28,2% si è confrontato immediatamente con il/la responsabile. A seguito di tale episodio il 6,9% ha pensato seriamente di abbandonare il lavoro, ma non lo ha fatto, il 2,5% invece lo ha lasciato.
Discriminazioni ma anche aggressioni. La percentuale di chi dichiara di aver subito un’aggressione fisica sul posto di lavoro è dell’1,1%.
Discriminazioni fuori dall’ufficio
Negli ultimi tre anni l’incidenza di chi ha affermato di aver subito minacce per motivi legati all’orientamento sessuale è pari al 3,9%. Le aggressioni di tipo violento vengono segnalate invece dal 3,1%.
Le offese legate all’orientamento sessuale ricevute online sono riportate dal 13% delle persone omosessuali e bisessuali in unione civile.
La metà delle persone omosessuali o bisessuali (il 46,9%) dichiara di aver subito almeno una volta la discriminazione a scuola o all’università.
“Non ci teniamo per mano”
Passando ad altri ambiti di vita il 38,2% delle persone in unione civile dichiara di aver subito almeno un episodio di discriminazione. Per esempio durante la ricerca della casa, nei rapporti di vicinato, durante la fruizione di servizi socio-sanitari, negli uffici pubblici, sui mezzi di trasporto e frequentando negozi e altri locali.
Oltre il 68,2% delle persone ha dichiarato che è capitato di evitare di tenere per mano in pubblico un partner dello stesso sesso per paura di essere aggredito, minacciato o molestato. Il 52,7% ha dichiarato di evitare di esprimere il proprio orientamento sessuale per paura di essere aggredito, minacciato o molestato.