Dopo le brutte notizie di una decina di giorni fa, un nuovo report della Novaya Gazeta sostiene che da tutta la Cecenia stanno arrivando nuove testimonianze di persone che sono riuscite a scappare o che si stanno nascondendo da quello che in molti hanno cominciato a chiamare “lo sterminio degli omosessuali”.
Il quotidiano russo d’opposizione racconta di come una help line istituita da una rete di attivisti e coordinata dal quotidiano stesso stia portando alla luce terribili storie che rendono il quadro generale ancora più desolante: sembra infatti che diverse ex caserme militari della piccola repubblica caucasica siano state ripristinate ed adibite alla detenzione di tossicodipendenti e di “uomini dall’orientamento sessuale non tradizionale o sospetto”.
Dei veri e propri campi di concentramento
Al momento l’unica caserma che è stato possibile individuare si trova nella città di Argun, circa 15 km ad est della capitale Groznyj. Al suo interno i prigionieri vengono umiliati, torturati, sottoposti ad elettroshock e costretti a giurare di voler lasciare per sempre il territorio della repubblica.
Secondo la testimonianza di un uomo che è stato rilasciato ed è riuscito a trovare rifugio all’estero, alcuni detenuti vengono torturati al fine di rivelare i nomi di altri membri della comunità LGBTI. In alcuni casi, però, la tortura è troppo pesante e le vittime perdono la vita: al momento sono 3 i casi confermati da Novaya Gazeta.
Le famiglie pagano per la liberazione
Altre testimonianze raccontano di condizioni disumane, stanze affollate, torture crudeli che durano per settimane e, nel migliore dei casi, la ”restituzione” ai parenti, che secondo più di una testimonianza sono arrivati a vendere proprietà personali pur di pagare per salvare il loro caro. Nel frattempo il governo dell’ultraconservatore (nonché grande alleato di Putin) Ramzan Kadyrov continua a negare, ora scherzandoci su con frasi come “è tutto un pesce d’Aprile”, ora incitando l’odio e all’omicidio d’onore di ogni omosessuale perché ”nessuna famiglia vorrebbe avere parenti del genere. Chiunque se ne sbarazzerebbe senza bisogno di chiamare le forze dell’ordine”.
Troppe testimonianze per non essere credibile
E sono proprio omertà e paura che rendono il tutto più difficile: secondo Ekaterina Sokirianskaia, a capo dell’International Crisis Group nella regione del Nord Caucaso, le numerose fonti da cui è stata contattata raccontano storie troppo simili accadute a persone troppo diverse tra loro per non essere credibili. Più di un testimone ha raccontato come le autorità abbiano usato i contatti telefonici dei detenuti per effettuare raid, controlli e per intimidire le loro famiglie. Si creano così quelle che Novaya Gazeta definisce ”vittime casuali”, anch’esse detenute e torturate per poi essere rilasciate su cauzione.
Il Cremlino nega, la comunità internazionale si mobilita
Mentre dal Cremlino non si hanno notizie di investigazioni, diverse organizzazioni internazionali stanno organizzando petizioni ed iniziative affinché su questa storia venga fatta luce, e nei giorni passati il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani ha pubblicamente denunciato l’accaduto.
Gaypost.it invita chiunque avesse informazioni su persone in pericolo a contattare la rete di attivisti operativi sul territorio ceceno tramite il seguente indirizzo email: kavkaz@lgbtnet.org
(foto: Novaya Gazeta)