Secondo quanto riporta Novaya Gazeta, il quotidiano russo indipendente che per primo ha portato alla luce le prigioni per gay in Cecenia, il più grande di questi centri sarebbe stato distrutto e i prigionieri detenuti lì trasferiti in un luogo sconosciuto.
I testimoni avevano raccontato, descrivendola nel dettaglio, di essere stati condotti in un’ex caserma militare ad Argun. Ma quando la Commissione d’Inchiesta nata dopo molte insistenze e le pressioni internazionali, è arrivata sul posto, ha trovato che lo stabile era stato completamente sepolto di macerie.
Prigionieri spostati in una località ignota
Gli investigatori della commissione hanno dichiarato che i prigionieri sono stati portati in una base delle Forze Speciali della Polizia a Terek, 60 km a nord di Argun. A Terek, però, è stato negato loro l’ingresso con la motivazione che c’era un’esercitazione in corso.
Gli attivisti di Russian LGBT Network temono che i prigionieri siano stati trasportati in una nuova località sconosciuta.
Pressioni sulle famiglie
Come Gaypost.it ha riferito ieri, il quotidiano russo ha raccontato che le autorità cecene stanno facendo pressioni sulle famiglie perché firmino un documento in cui si legge che il proprio familiare si è trasferito a Mosca per lavoro a fine febbraio e che questo non ha a che fare con la polizia cecena.
Intanto, Russian LGBT Network ha fatto sapere di essere riuscita a mettere in salvo circa quaranta uomini, nove dei quali sono scappati anche dalla Russia.
E continuano le richieste agli altri paesi di accogliere i rifugiati che scappano dalla Cecenia.
Continuano le mobilitazioni
Intanto, continuano le mobilitazioni in tutta Europa. Amnesty International ha chiamato a raccolta attivisti e società civile per il 2 giugno prossimo. Solo a Roma, per la concomitanza con la Festa della Repubblica, la manifestazione si terrà il 5 giugno. L’appuntamento è per le 12 del mattino all’uscita delle metropolitana di Castro Pretorio (a pochi passi dall’ambasciata), quando alcuni rappresentanti della ONG consegneranno all’ambasciatore russo in Italia le firme raccolte con la petizione online per chiedere la fine delle persecuzioni e un’indagine che faccia chiarezza si quanto accade nella Repubblica caucasica.