“È la prima volta, dalla Seconda Guerra Mondiale, che il leader di un paese si permette di usare espressioni come ‘purezza del popolo’. Quello che si sta consumando in Cecenia è un vero e proprio crimine contro l’umanità“.
Così Igor Kochetkov , presidente di Russian LGBT Network ha parlato ieri alla Commissione Giustizia del Senato chiedendo l’intervento della comunità internazionale perché si fermino le persecuzioni e le uccisioni dei gay nella repubblica caucasica.
Su iniziativa di Certi Diritti e All Out, infatti, l’attivista russo è stato ricevuto ieri dalla Commissione Giustizia del Senato e sarà ascoltato oggi da quella della Camera.
Il nostro parlamento è “la prima assemblea nazionale ad ascoltare un attivista locale a proposito del pogrom anti-gay in Cecenia – ricorda Leonardo Monaco, segretario di Certi Diritti, in una nota a margine -: un’occasione che speriamo possa essere valorizzata da tutti i parlamentari e in particolar modo dai membri della delegazione italiana all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che molto possono nel sollecitare dei provvedimenti formali per indagare sul rispetto dei diritti umani nella repubblica autonoma guidata da Ramzan Kadyrov”.
Un racconto lucido, quello di Kochetkov ai senatori italiani, in cui ha denunciato come non solo Kadyrov stia perpetrando una vera persecuzione contro le persone ritenute gay, ma anche di come la Federazione Russa non stia facendo nulla per impedirlo.
L’attivista ha raccontato come le azioni repressive di massa siano iniziate in Cecenia già nel 2013, nei confronti di diverse categorie di persone. I primi casi di arresti e torture di uomini omosessuali risalgono a febbraio scorso. “Il primo fu fermato per altre questioni, per droga – ha spiegato ancora il russo -, ma nel controllare il suo cellulare le autorità trovarono elementi che indicavano la sua omosessualità e nomi di altri gay. La notizia arrivò alle orecchie di Kadyrov che si spaventò all’idea che ci fossero gay in Cecenia e diede indicazioni perché si avviassero gli arresti di omosessuali o presunti tali”.
Gli arresti, secondo le notizie in possesso di Russian LGBT Network, sono eseguiti dalla polizia cecena, ma anche dalla guardia russa e gli uomini vengono detenuti in locali del ministero: insomma, non c’è dubbio alcuno che sia un’operazione governativa.
“Nelle prigioni segrete – ha raccontato Kochetkov – non ci sono solo gay, ma anche altre persone. Agli omosessuali però viene riservato un trattamento diverso: vengono tenuti in isolamento e senza cibo e gli altri prigionieri sono spinti a usare violenza nei loro confronti“.
Finora, sono state identificate quattro persone omosessuali uccise, ma secondo l’attivista è probabile che siano decine.
“Una delle motivazioni che le autorità usano per giustificare la mancanza di un’azione penale è che non ci sono denunce – ha aggiunto -. Ma è falso. I quattro nomi delle vittime sono stati segnalati da Novaya Gazeta, ma l’indagine non è partita”.
Non sono poche le difficoltà. La legge russa, ha spiegato l’attivista, prevede che le tutele per i cittadini debbano essere garantite nel luogo di residenza. “Questo significa che i ceceni dovrebbero rivolgersi a Kadyrov“, sottolinea.
“Sapevamo che sarebbe stato impossibile ottenere azioni penali dalle autorità locali – ha spiegato Kochetkov -: per questo abbiamo subito pensato ad evacuare le persone. Solo dopo abbiamo sollecitato l’intervento della Federazione. Ad oggi, però, le autorità federali non hanno alcuna intenzione di avviare un’indagine, mentre il Minsitro degli Esteri e lo stesso Putin raccontano fandonie al resto del mondo. Le uniche azioni intraprese, come quella dell’Ombudsman cecena, sono compiute da chi non ha titolo a farle. Stanno solo creando confusione per nascondere la verità”.
“Mi rendo conto delle difficoltà – conclude – ma i parlamenti nazionali hanno almeno la possibilità di riflettere sui meccanismi da adottare, su quali sono le azioni politiche da potere attuare sulla Federazione Russa perché si apra un’indagine o perché, quanto meno, cose del genere non si ripetano. Se lasciamo impuniti questi fatti pensando che tanto avvengono lontano, tra le montagne della Cecenia, questi fatti si ripeteranno e prima o poi colpiranno tutti“.
Un grido d’allarme vero e proprio, supportato dall’intervento di Yuri Guaiana, campaign manager di All Out che ha ricordato ai membri della Commissione come la comunità internazionale si sia mobilitata, non solo donando soldi a Russian LGBT Network perché evacuasse le vittime, ma anche raccogliendo circa due milioni di firme. E proprio Guaiana, per consegnare quelle firme, fu fermato a Mosca ed espulso dalla Russia qualche settimana fa. “Quello che manca – spiega Guaiana – è l’impegno concreto degli stati che possono fare molto più di quanto non possano fare la società civile e i singoli cittadini”. “Francia e Germania hanno aperto le frontiere per accogliere i profughi – sottolinea -, ma l’Italia ha fatto poco o nulla per esercitare pressione politica sulla Russia”.
Al Senato è stata presentata tempo fa una interrogazione al governo, su questo tema, firmata dal senatore Sergio Lo Giudice (PD) ed altri, ma la risposta non è ancora arrivata. “Quello che possiamo fare è presentare una mozione che impegni il governo e i membri italiani del Consiglio d’Europa a prendere posizione su quanto accade in Cecenia” dichiara la senatrice Petraglia (Sinistra Italiana). Proposta accolta da Lo Giudice che ha ribadito l’importanza di intraprendere azioni parlamentari che spingano l’Italia a fare la sua parte “a sostegno di chi sta denunciando e combattendo contro una così grave violazione dei diritti umani che si consuma in territorio europeo”.
Di quello che succede in Cecenia si parlerà domani sera al Padova Pride Village in un talk con Yuri Guaiana, il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova, il giornalista de L’Espresso Simone Alliva e Lia Quartapelle capogruppo del Pd nella Commissione Esteri della Camera dei Deputati. L’appuntamento è dalle 19.30 in poi
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