Continuano le violenze contro la popolazione Lgbt in Cecenia e, nello specifico, contro i gay. Lo riporta, in un articolo sull’Huffington Post, Simone Alliva che ha intervistato un portavoce di Russian Lgbt Network, associazione ridotta alla semiclandestinità «che si sta occupando dei superstiti e raccoglie le denunce sulle prigioni segrete dove vengono torturate le persone accusate di essere omosessuali».
Una situazione gravissima
Il portavoce, rivela Alliva, preferisce mantenere l’anonimato per ragioni di sicurezza. «Cautela è la parola d’ordine» si legge ancora, «Elena Milashina, la giornalista di Novaya Gazeta che a Huffpost denunciò l’inferno delle purghe cecene oggi vive sotto protezione in un luogo segreto». La situazione, per altro, continua ad essere gravissima: «Al momento Russian LGBT Network può confermare con certezza che tre omosessuali sono morti. Dall’inizio di aprile più di 120 persone hanno chiesto aiuto e 60 sono riusciti a fuggire da questo inferno». Intimidazioni e violenze, tuttavia, non cessano: «Abbiamo prove che le autorità cecene stiano minacciando non solo le vittime ma anche i familiari», denunciano gli attivisti russi.
Il governo italiano non ha fatto nulla
Il ruolo della comunità internazionale, in questo quadro cupissimo, è fondamentale. I militanti di Russian LGBT Network si dicono grati per l’impegno proveniente dai paesi esteri, ma ancora molto deve essere fatto: «Abbiamo bisogno di visti per permettere a questa gente di scappare dalla Cecenia. Abbiamo bisogno che l’attenzione dei media sulle autorità russe e sulla questione non cali, non venga meno». Purtroppo, in questo stato di emergenza, il nostro Paese non brilla per iniziativa: «A differenza di altri Stati europei, il governo italiano non ha mosso un dito per offrire asilo e protezione a chi ha bisogno». Un’accusa gravissima che non ci fa di certo onore. E che sollecita un intervento urgente e di segno opposto a quanto non fatto fino ad ora.