Siamo a Torino. È il 15 dicembre 2013. Mentre a Roma Matteo Renzi viene proclamato segretario del Partito Democratico, nella città della Mole un altro Matteo, l’europarlamentare Salvini, viene eletto segretario federale della Lega Nord per l’indipendenza della Padania. Un momento cruciale, di svolta vera non solo per la politica italiana ma per tutto il vecchio continente. Il 15 dicembre 2013 la Lega indica un nuovo nemico da abbattere: la comunità Lgbt.
Lo raccontano Giovanni Tizian e Stefano Vergine nel loro libro inchiesta: “Il Libro Nero della Lega”, edito da Laterza.
Quel giorno di metà dicembre “segna una svolta ufficiale nella politica internazionale del partito fondato da Bossi, da sempre anticlericale e fedele ai governi degli Stati Uniti. In platea, seduto fra le centinaia di sostenitori padani, c’è un invitato d’eccellenza. Si chiama Aleksey Komov e pochi lo notano, ma quel giovane signore è l’ambasciatore di un mondo che di lì a poco inizierà a rivoluzionare le idee del vecchio Carroccio”.
Il ritratto che ne fanno Tizian e Vergine è preciso ed è una mappa sui legami tra Putin e la Lega. Komov, rappresentante russo dell’associazione ultracattolica World Congress of Families, responsabile internazionale della Commissione per la famiglia del patriarcato ordotosso di Mosca. Ha creato, per esempio, il fondo San Bonifacio, nel cui consiglio d’amministrazione sono presenti alcuni esponenti di Russia Unita, il partito di Putin. Oltre a rappresentare le istanze cristiane più conservatrici, Komov lavora per Konstantin Malofeev alla fondazione San Basilio. Tenete a mente questo nome. Malofeev, oligarca classe 1974, laureato in legge, da finanziere ha iniziato la carriera lavorando per alcune banche russe, poi nel 2005 ha fondato la Marshall Capital, diventata oggi una delle principali società di investimento del Paese.
La presenza di Komov non rappresenta solo gli ortodossi di Mosca, quelli che lottano contro l’aborto e le persone lgbt, che si sentono minacciati dall’invasione islamica. Komov è la saldatura tra la Chiesa e lo Stato russo ed è lì per suggellare l’intesa con Salvini. Il patto ufficiale, raccontano Tizian e Vergine, viene firmato pochi anni dopo. Il 6 marzo del 2017 la Lega sigla un accordo politico di collaborazione con Russia Unita, il partito attraverso cui da quasi vent’anni Putin governa il più grande Paese del mondo. Un patto firmato a Mosca da Salvini stesso. Cosa c’è dentro? Il Congresso delle Famiglie in Italia era già previsto allora? Era tra i punti di questo patto? Certo ci sono interessi economici, naturalmente. L’accordo è basato sui “principi di sovranità statale, rispetto reciproco, non interferenza reciproca negli affari interni di ciascuno”. Insomma, ufficialmente serve a istituire un “partnetariato paritario, affidabile e reciproca vantaggiosa”. I vantaggi che può trarre sono evidenti, spiegano gli inchiestisti: “avere dalla propria parte Salvini, capo del governo della terza economia europea, consente a Mosca di assumere un ruolo più determinante non solo all’interno dell’Italia ma soprattutto a Bruxelles, dove si decidono ad esempio le strategie geopolitiche dell’intera Unione europea. E fra queste […] le sanzioni nei confronti della Russia”. E gli interessi della Lega? Gli interessi politici si traducono in aiuti finanziari ufficiali- Non male per un partito rimasto ufficialmente senza soldi nel 2013.
Segui i soldi. Follow the money, diceva la gola profonda del Watergate in “Tutti gli uomini del presidente”. È molto semplice. Dove ci sono molti soldi e non si sa da dove vengano c’è qualcosa che non va. Questo è quello che hanno fatto Tizian e Vergine e che ci portano a Verona, al Congresso delle famiglie.
C’è un uomo, si legge, Gianluca Savoini, leghista che si presenta ai media come il coordinatore degli «incontri di Matteo Salvini con gli ambienti russi». I giornalisti lo dipingono come un faccendiere, che durante un incontro avvenuto il 18 ottobre all’Hotel Metropol di Mosca riesce a strappare un accordo con una società petrolifera collegata a Malofeev.
«La nuova Europa dev’essere vicina alla Russia», spiega. Lo scopo di questo incontro nella hall del Metropol è semplice: tentare di finanziare la Lega in vista della campagna elettorale per le elezioni europee di maggio. I soldi russi arriverebbero con un escamotage: una compravendita di gasolio, 3 milioni di tonnellate metriche, vendute dalla russa Rosneft all’italiana Eni attraverso una banca europea non meglio specificata. Il tutto con uno sconto del 4 per cento sul prezzo di mercato. Sconto del quale, alla fine, avrebbe dovuto beneficiare la Lega.
Savoini è anche fondatore in Italia di Lombardia-Russia. Un’associazione no profit che online si presenta così: «organizzazione culturale apartitica ma con idee molto precise che combaciano pienamente con la visione del mondo enunciata da Putin nel corso del meeting di Valdai 2013 (“Gli europei stanno morendo per colpa dei matrimoni gay”) e che si possono riassumere in tre parole: Identità, Sovranità, Tradizione». Identità, Sovranità, Tradizione. Capisaldi dei personaggi che riempiranno il palazzo della Gran Guardia a Verona.
Chi è il presidente onorario di Lombardia-Russia? Alexsey Komov, proprio lui, il rappresentante russo del World Congress of Families.
Un legame quello tra la Russia omofoba di Putin e la Lega di Matteo Salvini che guarda al convegno di Verona sulla famiglia tradizionale e va oltre. Passa per Savoini, l’uomo di Salvini a Mosca. E arriva fino Malofeev, uno degli oligarchi considerati più vicini a Putin.
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