Sul caso Spadafora, ci sarebbe poco da dire. Il coming out è sempre un atto importante e arriva sempre nel momento giusto. Questa dovrebbe la regola aurea che occorrerebbe seguire quando qualcuno fa un atto di “disvelamento” e viene fuori dall’armadio. Non possiamo sapere, infatti, quali sono i percorsi individuali che hanno portato quella persona a dichiararsi in quell’attimo specifico della sua vita. Non conosciamo il privato, il vissuto, l’eventuale dolore che ci sta dietro. Ciò vale per chiunque, sia per quei personaggi che ci piacciono sia quelli che sono lontani dal nostro sentire. L’ex ministro Vincenzo Spadafora non fa eccezione.
Eppure molti sono i distinguo e tante le polemiche. Da una parte c’è chi minimizza. Secondo queste persone – di solito eterosessuali – è sempre troppo presto. Anzi, non dovrebbe avvenire mai. E si tirano fuori parole chiave come “ostentazione”, “moda” et similia. Come scrive Angelo Schillaci, commentando la notizia: «Il coming out fa sempre bene.A chi lo fa, e a chi gli sta intorno. Società compresa». E se dà fastidio, significa che chi ha da ridire – forse – dovrebbe farsi due conti sul proprio pregiudizio e sull’incapacità abbastanza manifesta di accettare le vite altrui.
Ma non è solo fuori dal circuito arcobaleno che questo coming out sta facendo discutere. Anche dentro la comunità LGBT+ si leggono troppe critiche, molti distinguo e anche un po’ di dileggio nei confronti di una persona – prima ancora di un personaggio – di cui l’identità era nota al suo interno. Ma il coming out, appunto, è un ponte verso l’esterno. Andare oltre il luogo sicuro e esplorare il mondo con occhi e modalità nuove. E di fronte a queste reazioni, di certo fuori luogo, si indigna la rapper Giulia Galli, che scrive sui social: «Sminuire il coming out di una persona è un atto violento sempre, non solo quando pare a voi».
«Il coming out è un atto di liberazione prima di tutto per se stessi» scrive Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno, su Facebook. «Il giorno dopo si cammina più leggeri per il mondo e ci si sottrae ai pettegolezzi e ai ricatti, che molte personalità politiche non dichiarate ancora subiscono. Ma il coming out fa bene anche alla società tutta e alla comunità LGBTQI+. Oggi non è il giorno dei “ma” e dei “però”, che comprendo ma rimando ad altri momenti, ma del “buona vita a Vincenzo Spadafora”. Nell’attesa che anche le donne lesbiche, politiche e non, di questo Paese trovino la forza e il coraggio di fare altrettanto. Forse non si rendono conto di quanto questo atto sarebbe importante per le giovani generazioni LGBTQI+ e per la parte eterosessuale più conservatrice».
Insomma, sarebbe opportuno che ci fossero più giorni come questo. Più esponenti della politica che parlano della loro vita e della loro verità. Sarebbe un bel gesto nel confronto delle nuove generazioni. Sarebbe un modo per capire che quella sigla, Lgbt+, non è una realtà così lontana dai palazzi di potere dove si decidono le nostre vite. Spesso, senza nemmeno consultarci.