Patrick Zaki rimane in carcere. Per l’ennesima volta il tribunale del Cairo ha confermato l’arresto del giovane egiziano arrestato all’aeroporto mentre tornava da Bologna dove è iscritto ad un master.
In carcere, Patrick ha compiuto gli anni, qualche giorno fa. Molti i messaggi di amici che aspettano la sua liberazione. “Mi sento impotente e mi manchi Patricko buon compleanno amico mio” scrive su Facebook, da Berlino, Amr Abdelwharab.
La notizia del rinnovo, per altri 15 giorni, della detenzione è stata confermata dalla legale di Zaki, Hoda Nasrallah.
Arrestato all’inizio di febbraio, il giovane egiziano era in Italia per frequentare un master sugli studi di genere presso l’Alma Mater di Bologna. Le accuse che il governo egiziano gli muove sono apparse da subito un modo per zittire un attivista. Zaki è accusato di avere incitato a valori contrari alla Costituzione egiziana e di avere diffuso notizie false via social per screditare il governo. In carcere, il giovane è già stato sottoposto a torture, perfino con il ricorso all’elettroshock.
La preoccupazione per la sua sorte è cresciuta all’indomani della notizia del suicidio di un’altra attivista. Sara Hegazy, donna lesbica, era stata arrestata e torturata per avere sventolato una bandiera arcobaleno durante un concerto al Cairo.
Dopo diverse pressioni internazionali, era stata scarcerata e si era rifugiata in Canada. Ma il trauma di quanto aveva subito si è rivelato un peso troppo grande da portare. Sara si è suicidata lasciando un messaggio che non dà adito a dubbi.
“Ai miei fratelli, alle mie sorelle e agli amici – ha scritto la giovane -. Ce l’ho messa tutta per sopravvivere, ma non ce la faccio più ad andare avanti, il dolore è troppo pesante. A te mondo, sei stato molto ingiusto con me, ma perdono te e tutti”.
Continua, intanto, la mobilitazione per chiedere che il giovane venga liberato.
“Questa pagina è stata creata per fare pressione alle autorità egiziane per l’immediato rilascio di Patrick – si legge sulla pagina Facebook “Patrick libero” -. Chiediamo globalmente a tutti di fare pressioni sul governo egiziano con queste richieste:
-L’immediato rilascio di Patrick e la caduta di tutti i capi d’accusa nei suoi confronti
-Lo svolgimento di indagini trasparenti sulle cause dietro il suo rapimento e le torture che ha subito
-La garanzia che né Patrick né i membri della sua famiglia siano nuovamente accusati
Aiutaci! #PatrickLibero”.
“Da mesi aspettiamo che le autorità egiziane ascoltino il nostro grido di preoccupazione: un’indifferenza alla quale non possiamo e non vogliamo abituarci – ha dichiarato ieri la senatrice Monica Cirinnà, responsabile del dipartimento Diritti del Pd -. La situazione dei diritti in Egitto ci preoccupa molto, ed è necessario agire con decisione, per fare chiarezza. Per Patrick, ma anche per la giustizia che è dovuta alla memoria di Giulio Regeni e Sara Hegazy”.
“E’ allora quanto mai urgente che i ministri Di Maio e Bonafede si attivino su tutti i fronti per far cessare questa incertezza, che è pura negazione del rispetto dei diritti umani e del diritto alla difesa – ha concluso la senatrice -. E’ necessario che Zaki esca immediatamente da questo incubo per poter tornare a studiare a Bologna”.
Intanto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha scritto al suo omologo egiziano Samej Shoukry chiedendo che venga fatta luce sull’omicidio di Giulio Regeni. “L’Italia non ha mai smesso di chiedere all’Egitto, a tutti i livelli, che i responsabili della morte di Giulio Regeni siano assicurati alla giustizia! ha scritto Di Maio. Su questa vicenda pesa il recente acquisto, da parte dell’Egitto, di due fregate italiane. L’Archivio del disarmo ha reso noto che la compravendita di armi tra Egitto e Italia ha portato il paese nordafricano ad essere nel 2019 il nostro primo compratore di materiale bellico. Una faccenda che pesa anche sulla forza con cui l’Italia chiede chiarezza sulla morte di Regeni e, ora, sull’arresto di Zaki. Al punto che la commissione d’inchiesta su Regeni ha sostanzialmente costretto il premier Conte a riferire. Succederà oggi alle 22.
Nella lettera di Di Maio al ministro egiziano, però, non c’è traccia del caso Zaki
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