Adesso che la crisi di governo sembra risolta, un altro fronte si apre sulla scena politica italiana: quello del congresso del Partito democratico in cui, secondo gli osservatori, Renzi si prepara ad “asfaltare” definitivamente le minoranze interne e a prendere possesso del partito una volta per tutte. Non ci aspettiamo grandi cose dall’esecutivo a guida Gentiloni. Sarà un governo di transizione che dovrà traghettare un’Italia lacerata dal quesito referendario verso una legge elettorale che armonizzi i sistemi di Camera e Senato, in primo luogo. Poi si andrà a elezioni. Cosa dobbiamo aspettarci e cosa dobbiamo richiedere, noi della comunità Lgbt italiana a chi verrà dopo?
1. Legge contro l’omo-transfobia: giace in Senato dal 2013 il ddl Scalfarotto, proposta quanto mai controversa per il sub-emendamento Gitti-Verini che, secondo le associazioni Lgbt, aprirebbe all’istituzionalizzazione dell’omofobia nelle scuole e nei luoghi di lavoro, elevandola a forma di pensiero come un’altra. Il nuovo congresso del Pd, chiunque ne esca vincitore, metterà in programma una legge migliore, che non abbia quegli aspetti ritenuti poco proficui per il benessere della gay community, soprattutto nelle sue fasce più giovani? Sarà questo uno dei banchi di prova in cui i candidati alle primarie si dovranno confrontare.
2. Legge sulle adozioni: Monica Cirinnà ce lo aveva promesso. Già pronta una legge per la riforma delle adozioni. Era questo che si raccontava in Senato all’indomani della waterloo sulle stepchild adoption, sacrificate sia per non dispiacere i cattodem interni al partito, che la linea avevano dettato fino a quel momento, sia per il clamoroso dietrofront dei grillini, che avevano cambiato idea nottetempo grazie a un “provvidenziale” sms arrivato da Milano. Il nuovo congresso discuterà anche di questo tema, isolando le ali più retrive presenti dentro il Pd, o era solo una mossa per far star buone le famiglie arcobaleno? Tra qualche settimana avremo la risposta.
3. Matrimonio egualitario: siamo realisti. Il prossimo parlamento potrebbe non avere la forza di legiferare su temi così importanti, soprattutto se passerà una proposta di legge elettorale in senso proporzionale. Ma come si comporteranno i vari candidati nelle mozioni congressuali? Sempre la senatrice Monica Cirinnà aveva garantito, oltre le adozioni, che tutte le mozioni del futuro c<ongresso avrebbero avuto il matrimonio esteso nel proprio programma. Sarà così? Qualcuno sarà tentato dal dire che con il fallimento della riforma costituzionale sarà più difficile farlo passare. Può essere vero, ma qui si parla di scelte del futuro candidato alla presidenza del Consiglio. Ovvero, di volontà politica, prima che di capacità di realizzazione. Il matrimonio sarà nel suo programma o no? Avremo modo di scoprirlo, anche questo, a breve.
4. Politiche sulla salute: siamo un paese strano. Abbiamo avuto un presidente del Consiglio che usava Twitter praticamente per ogni cosa, dalla vittoria di una partita di calcio al trionfo di questa o quella celebrità a una premiazione internazionale. Sulla lotta all’Aids, però, nessuna dichiarazione in merito. Il tema è rientrato, per altro, timidamente tra le priorità del precedente esecutivo. Sarà un argomento del prossimo congresso del Pd? Un partito che vuole essere moderno, oltre all’uso disinvolto del mouse, si misura anche in argomenti come questo. Non ci credete? Basta guardare a cosa avviene all’estero, al riguardo.
Ritorno, infine, su un concetto: utilizzare l’alibi della (mancata) riforma costituzionale come grimaldello per non affrontare questi temi è prova di disonestà intellettuale. Non è il bicameralismo che impedisce o determina l’approvazione delle leggi (altrimenti non avremo avuto nemmeno le unioni civili), ma la volontà politica. E sarà il sistema elettorale a stabilire maggioranze certe o sistemi di ingovernabilità. Il Pd lavori, perciò, a una legge che garantisca in tal senso la rappresentatività dell’elettorato e arrivi alle consultazioni elettorali con le idee ben chiare. Abbiamo tutti/e da guadagnarci. In chiarezza, quanto meno. È così che i partiti garantiscono credibilità e che riescono, strano a dirsi, addirittura votabili.