Ennesima condanna per l’Italia per avere violato il diritto di una coppia gay a non essere discriminata. La Corte europea dei diritti umani, infatti, ha condannato il nostro Paese a risarcire i “danni morali” provocati per aver rifiutato di rilasciare il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare ad un cittadino neozelandese che voleva vivere nel nostro paese col suo compagno italiano. In questo modo, per i giudici di Strasburgo, l’Italia ha violato il diritto della coppia a non essere discriminata. La sentenza prevede un risarcimento di 20.000 euro e diventerà definitiva tra 3 mesi se le parti non ricorreranno in appello.
Il caso è quello di Roberto Taddeucci e Doug McCall, insieme dal 1999 e sposati dal 2010.
La coppia aveva già ottenuto il permesso di soggiorno per McCall in Olanda nel 2009 dove la loro unione era stata riconsociuta anche senza che si fossero celebrate le nozze al contrario dell’Italia dove per cinque anni il ricongiungimento era stato negato. La prima richiesta di permesso di soggiorno avanzata da McCall in Italia risale infatti al 2004. Al diniego era seguita una linghissima trafila di ricorsi in tribunale, il primo dei quali, presentato al Tribunale di Firenze, che era andato a buon fine. Contro quella sentenza aveva fatto appello il Ministero dell’Interno, guidato da Roberto Maroni, vincendolo. A quel punto, fu la coppia a chiedere l’intervento della Cassazione.
Nel 2009 la sentenza della Cassazione negò definitivamente a McCall il documento senza il quale, in Italia, sarebbe stato un irregolare, proprio nell’epoca in cui i governi di centrodestra avevano trasformato la la mancanza di un permesso di soggiorno in reato. Per questo la coppia corse ai ripari rivolgendosi alla Cedu e trasferendosi in Olanda dove il permesso di soggiorno è arrivato in poche settimane in quanto “familiare di un cittadino dell’Unione Europea”.
Ora la Corte di Strasburgo condanna l’Italia con sei voti a favore contro uno.
I giudici scrivono che “non potendosi sposare e nell’impossibilità di ottenere in quegli anni in Italia qualsiasi altro riconoscimento formale della loro unione, i due uomini non potevano essere classificati come sposi, e che l’interpretazione restrittiva della nozione di membro di famiglia era per le coppie omosessuali un ostacolo insormontabile nell’ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare”. La Corte ha quindi individuato una discriminazione dell’Italia nei confronti delle coppie gay per il fatto stesso di metterle sullo stesso piano di quelle eterosessuali, negando però tanto il diritto al matrimonio quanto quello del riconoscimento dello stato di convivenza. Per Strasburgo, l’Italia “ha violato il diritto di Taddeucci e McCall a non essere discriminati sulla base dell’orientamento sessuale nel godimento del loro diritto al rispetto della vita familiare”.
Una situazione che la legge sulle unioni civili supera, specialmente nel caso di coppia sposata all’estero. Il modo in cui, però, la legge affronterà la questione dei cittadini non comunitari che hanno una relazione con i cittadini italiani è delegata ai decreti attuativi di cui si attende l’emenazione da parte del governo. “Per questo – spiega Taddeucci a Gaypost.it – non abbiamo ancora deciso se torneremo in Italia: aspettiamo di vedere cosa prevederanno i decreti”.
“Siamo contenti – commenta Taddeucci – perché questa sentenza fa giurisprudenza a livello europeo e speriamo possa aiutare le coppie dello stesso sesso in quei paesi dove ancora non ci sono leggi che le riconoscano giuridicamente. Quando si associano dei diritti specifici al matrimonio e si impedisce l’accesso a quei diritti a una parte della popolazione si violano dei diritti fondamentali della Convezione Europea dei diritti umani”.