E’ stata una delle battaglia in cui si è speso di più, fin da pochi mesi dopo la sua elezione a presidente degli Usa: fuori le persone trans dall’esercito. E alla fine ha vinto lui, Donald Trump. Almeno per il momento.
Con 5 voti favorevoli e 4 contrari (i 4 giudici liberali), la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che la decisione del presidente Donald Trump di vietare alle persone trans di arruolarsi nell’esercito va rispettata.
Il voto è arrivato ieri, 22 gennaio 2019, secondo quanto riferisce la BBC.
Trump aveva stabilito che “alle persone transgender che richiedono o hanno avviato la transizione di genere” deve essere impedito di accedere al servizio militare.
“Dopo aver consultato i miei generali e gli esperti militari, vi informo che il governo degli Stati Uniti non accetterà né permetterà agli individui transessuali di servire in nessuna delle forze armate statunitensi”, aveva twittato Trump nel 2017.
“Il nostro settore militare deve concentrarsi su vittorie decisive e schiaccianti e non può essere gravato dagli enormi costi medici e dal disordine che comporterebbe avere dei transessuali nelle forze armate” aveva aggiunto.
La decisione della Corte non rappresenta un obbligo, ma permette ai vertici delle forze armate di adottare politiche restrittive ed escludenti.
Sebbene non ci siano dati ufficiali, si stima che in questo momento ci siano circa 10.790 persone trans nell’esercito statunitense.
Il divieto non si applicherebbe, però, alle persone già arruolate o a coloro che vogliono farlo “con il loro sesso biologico”. Una violazione del diritto di autodeterminazione delle persone trans, oltre che la premessa per un prevedibile inasprirsi della condizione di chi è già nelle forze armate.
Ma secondo il segretario della Difesa, Jim Mattis, “per sua natura, il servizio militare richiede sacrificio” e coloro che si arruolano “volontariamente accettano limitazioni alle loro libertà personali”.
La battaglia, però, continua. Il voto della Corte, come detto prima, non è vincolante, ma è solo un passaggio procedurale.
L’amministrazione Trump aveva anche fatto ricorso alla Corte Suprema per una sentenza vera e propria sul caso, ma la Corte ha rifiutato di emetterla.
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