Il famigerato decreto sicurezza voluto da Salvini è già stato definito una ferita alla nostra cultura giuridica da giuristi e da professionisti di settore. L’accoglienza dei popoli “stranieri” — e, aggiungerei, la mescolanza con essi — fa parte della nostra storia millenaria. Ovviamente, non dobbiamo nasconderci che l’incontro, lo scontro e la fusione delle culture possono portare ad elementi di criticità, ma la storia ci insegna che è dalla sintesi che nascono i frutti migliori.
Una volontà di vendetta
Il decreto sicurezza confligge, in primo luogo, con questa tradizione di incontro, conflitto e sintesi. Sarebbe semplice liquidare la cosa come scarsa attitudine allo studio da parte dell’intellighenzia leghista — che tra lauree prese in Albania e titoli accademici inesistenti di diverse persone messe in ruoli chiave, a cominciare dalla presidente della Commissione per i Diritti Umani in Senato, sembra qualcosa di più concreto di una diceria di palazzo — ma tutto sembra suggerire che ciò che sta alla base di quel decreto sia una volontà di vendetta nei confronti del diverso, sentimento ancor più forte dell’ignoranza.
Conseguenze nefaste per l’Italia
Non entrerò nel dettaglio dei singoli, controversi punti del decreto, rimandando all’analisi di quelle figure professionali che, contrariamente a chi scrive, hanno la dovuta cultura giuridica. Da cittadino di questo Paese, invece, non posso esimermi da alcune considerazioni che riguardano non solo il dato umanitario, ma anche lo stesso concetto di “sicurezza”. Paradossalmente, infatti, tutto suggerisce che il provvedimento voluto da Salvini innescherà dinamiche sociali che, nel medio e lungo periodo, si risolveranno in un boomerang per chi vivrà in Italia nei prossimi anni. Cerco di andare per punti.
Migranti consegnati alla malavita
Il decreto provocherà una vera e propria mancanza di integrazione tra italiani e migranti. Invece dei corsi di lingua, di lavori socialmente utili, invece di impiegare il tempo in attività che portano al contatto umano, le persone saranno condannate all’inattività, chiuse in un centro di accoglienza e con ogni probabilità, esse non vedranno accolte le richieste d’asilo e il permesso di soggiornare nel nostro Paese. Si stanno regalando, insomma, alla criminalità organizzata vite ed energie che potrebbero essere veicolate attraverso politiche migliori e più giuste in attività lecite. Vale quanto detto nella canzone di De Gregori, Il bandito e il campione, per cui si cerca giustizia e si trova la legge. Una legge cattiva. Anzi, di più: una cattiva legge cattiva.
Il rischio di radicalizzazione
E non solo. La vendetta genera vendetta. La mancanza di integrazione e l’apartheid giuridico a cui mirano le politiche leghiste, a cominciare dall’allontanamento dalle mense scolastiche, può portare a sentimenti di odio da parte di chi si sente escluso. Ciò potrebbe radicalizzare quei migranti che rischiano di finire nelle maglie del terrorismo organizzato. Se un domani esploderanno ordigni in una metropolitana, tra Roma e Milano ad esempio, una possibile causa potrebbe essere questa politica scellerata e razzista. Perché si sta fornendo, in pratica, una giustificazione a certo radicalismo.
Decreto sicurezza e violazione del principio di uguaglianza
Ma c’è un terzo aspetto, che riguarda direttamente anche noi persone Lgbt. Il decreto sicurezza è una ferita alla nostra cultura giuridica perché viola l’articolo 3 della Costituzione, quello sull’uguaglianza. L’applicazione di un principio, se vale per uno, vale per tutti. Nel momento in cui si ammette un’eccezione per una categoria sociale, violando valori ritenuti intangibili (l’uguaglianza formale di fronte alla legge) si introduce nella coscienza collettiva un ulteriore principio, sotterraneo ed eversivo, per cui i pilastri fondamentali della nostra civiltà sono carta straccia. E la storia, questa sconosciuta ma sempre maestra di vita, ci insegna che attaccare una minoranza qualsiasi fornisce il grimaldello, politico, ideologico e culturale, per aggredire tutte le altre. Tradotto: oggi tocca al migrante, domani potrebbe riguardare gay, lesbiche, trans, ecc.
E gli attivisti gay del M5S?
Ciò dovrebbe aprire un’ulteriore riflessione su come sia possibile che ancora molti attivisti e attiviste Lgbt stiano ancora dentro l’altro partito di governo, il M5S, senta sentire minacciata la propria identità e tradito il proprio sistema di valori (ammesso che esista, per alcune personalità dichiaratamente gay, tra i pentastellati), ma non è questa la sede per approfondire anche tale questione.
Una narrazione di odio contro migranti, donne e persone Lgbt
Di fatto, tale decreto è la concretizzazione di una narrazione — quella leghista e salviniana nello specifico — che ha trovato nell’altro da sé, nel diverso come migrante, una delle vittime privilegiate. Non sono le uniche, a ben vedere: il diritto di autodeterminazione delle donne è messo a rischio dalle amministrazioni leghiste, con i loro provvedimenti contro la legge 194 e “pro vita”. Ancora, il benessere di donne e bambini è minacciato dal famigerato disegno di legge di Pillon. E anche le famiglie arcobaleno sono messe sotto attacco, attraverso la narrazione della loro inesistenza (Fontana docet).
Lo scopo: dare potere a Salvini
Lo scopo è manifesto: la creazione di un nemico diverso dalla massa degli uguali e il privilegio del potere maschile creano coesione sociale attorno a (dis)valori in cui potersi riconoscere. Questo valore parte da una narrazione: sei pericoloso perché non sei come me. Ciò crea il senso dell’emergenza e autorizza il “risolutore” a misure speciali. Anche a costo di violare norme fondamentali e offendere un’intera cultura giuridica. La storia, sempre maestra di vita, ci fornisce molti esempi in tal senso. I leader della Lega sembrano ignorarla. Noi no. E chi chiuderà gli occhi di fronte a questo stato di cose, si candida al ruolo di complice ad un disegno eversivo, disumano e indegno del concetto stesso di civiltà.