La migliore politica si fa in provincia, la più bella con quella che qualcuno chiama “l’altra metà del cielo”: l’ho sempre pensato. E in provincia mi sono recato, la settimana scorsa, ad Osimo (vicino Ancona) per parlare di lotta all’omofobia nelle scuole. Lì ho scoperto l’esistenza di un interessante progetto, Facciamo strada alle donne. L’iniziativa nasce da un’evidenza: nella toponomastica locale il genere femminile è fortemente sottorappresentato. Secondo i dati esistenti, forniti dall’amministrazione cittadina, su 380 spazi urbani – tra vie e piazze, ecc – solo 14 sono dedicate a personaggi femminili.
Per tale ragione, quindi, grazie al lavoro della Consulta Donne Pari Opportunità della località marchigiana, si è pensato a questo concorso proprio cominciando dalle aule. E con una duplice finalità: da una parte, recuperare una memoria storica ancora oggi calibrata quasi esclusivamente al maschile – pensando ai nostri libri: quante autrici, artiste e scienziate abbiamo studiato? – e dall’altra impegnandosi per raggiungere la piena uguaglianza tra i generi, in un paese come il nostro dove non essere maschi rappresenta ancora un grosso problema culturale.
Basta vedere, ad esempio, al numero di donne presenti nelle rappresentanze pubbliche di vario tipo: meno di una su quattro. Al restante 80,3% di politici maschi sono riservati gli incarichi più importanti e, in buona sostanza, il reale potere politico. Situazione leggermente migliore in parlamento, dove le “quote rosa” (affermazione già di per sé discriminatoria) raggiungono il 30,5% delle presenze. Numeri, i nostri, molto lontani non solo dalla Svezia e da altri partner europei, ma anche di paesi come Rwanda, Senegal e Nicaragua.
Il progetto, perciò, vuole recuperare questo gap proponendo, anche grazie all’impegno di insegnanti come Caterina Di Benedetto – impegnata in prima linea su tematiche come la questione femminile e l’educazione alle differenze – che si è spesa per la riuscita dell’evento, di reintitolare strade e piazze a protagoniste della storia, dell’arte e della cultura più o meno recente, come Rosa Parks, Anna Magnani, Mia Martini, Frida Kahlo, Margherita Hack, Valeria Solesin, ecc. I lavori delle classi partecipanti sono stati presentati al Teatro La Nuova Fenice il 22 marzo scorso e alcuni di questi sono poi stati scelti per partecipare alla selezione nazionale dello stesso concorso, la cui premiazione si terrà a Roma il prossimo 26 aprile.
«Ho ritenuto l’iniziativa importante per affrontare l’educazione alla differenza anche attraverso la toponomastica» dichiara a Gaypost Di Benedetto, della Consulta Donne. «Riflettere sul nostro territorio e sul fatto che le donne se non si citano, se non si ricordano, se non si nominano, non esistono. E così è per le tante che insieme alle mie studentesse e ai miei studenti abbiamo rintracciato. Abbiamo studiato i profili di molte donne che in qualche modo hanno cambiato anche la nostra vita di oggi. In tanti e diversi campi. E penso che per le ragazze soprattutto sia stata anche la possibilità di trovare modelli e riferimenti».
Un po’ quello che è successo anche con il movimento Lgbt, a ben vedere: noi, quando abbiamo perso il nostro “sguardo ferito”, dai moti di Stonewall in poi, abbiamo proprio conquistato le strade per dare visibilità ai nostri corpi e alle nostre identità. Adesso, da Osimo a Roma, quel processo di conquista di spazi e visibilità non mira solo ad appropriarsi del presente, ma a far parte della storia e della memoria condivisa.