Ci sono le prime volte, alcune delle quali lasciano un segno indelebile, e l’Enna Pride di ieri ne è un esempio mirabile. Una manifestazione, la prima nella città del centro geografico della Sicilia, che – come hanno fatto notare dal comitato organizzatore – ha scritto un pezzo di storia del capoluogo. Un primo passo pionieristico, che porta l’onda arcobaleno laddove si pensava (erroneamente) che non sarebbe mai arrivata. E invece possiamo raccontare un’altra storia, appunto.
Facciamo un passo indietro: i pride non nascono spontaneamente. Occorre, innanzitutto una comunità in loco che ne senta il bisogno. Poi bisogna mettersi all’opera. Il circolo Arci Petra di Enna è stato il promotore di questa risposta a quel bisogno. Dopo un rapido confronto con Open Catania, realtà queer all’interno del circuito Arci, si è deciso di procedere. Certo, i dubbi erano tanti. “Un pride” si è detto durante le prime call preparatorie “si fa anche se a organizzarlo sono due persone. Se lo volete, l’Enna Pride si farà“. Ed è così che è cominciata l’avventura.
E così, dopo poco più di un mese di preparativi, l’Enna Pride è diventato una meravigliosa realtà che ha attraversato le strade della città di Euno, lo schiavo che diede il via a una rivolta per spezzare le catene che lo opprimevano. Quale luogo migliore, per spezzare i legacci che impongono a una comunità di vivere ai margini della visibilità? In tal senso è stato importante, a parer di chi scrive, l’aver scelto come madrina Joselito Pappalardo, storico membro della comunità Lgbtqia+ ennese che ha sempre portato con fierezza e alla luce del sole la sua identità. “Mi sono commossa fino alle lacrime”, mi ha detto un’amica del luogo, vedendo le foto di ieri. “Joselito che apre il pride e si riscatta da decenni di insulti, è il top”. Giusto per capire di cosa stiamo parlando.
E poi il pride è andato come doveva andare. Coi colori, con la musica, con quell’aria di festa che si respira a ogni marcia dell’orgoglio. Ma c’era qualcosa in più ed è il fascino della prima volta. Quando hai le farfalle nello stomaco al punto tale che ti sembra di sollevarti, assieme a loro, da terra e di volare chissà dove, al punto che ti gira la testa. Per poi tornare coi piedi saldamente a terra e marciare con fierezza. Come è successo a Melania Benvegna, giovane attivista del comitato organizzatore, in prima fila a tenere lo striscione del corteo. “Non mi sembra vero, io sono una persona timida e ora sono qua, davanti alla città. È un’emozione grandissima“. Come darle torto?
E poi l’Enna Pride è andato come doveva andare. Con le persone ai bordi delle strade, che sorridevano e fotografavano. Con quella signora di una certa età, i capelli bianchi e delle coccarde arcobaleno messe apposta sul davanzale a salutare il corteo. Ed enorme e grato è stato l’applauso della folla a quell’immagine, che era un riconoscimento reciproco. Dopo chissà quanto tempo passato a fare a botte con un’incomunicabilità imposta da un sistema ingrato, violento e indegno. Il pride invece ha in sé questa grande magia: ci si conosce, ci si apre vicendevolmente, si rompono steccati. E catene, appunto.
E poi c’è stata tanta politica, oltre la festa. Si è ricordata la necessità di porre fine alla guerra in Palestina e alle violenze da parte dell’esercito israeliano. Si è messo in chiaro un punto irrinunciabile: l’antifascismo. E lo si è fatto intonando Bella ciao di fronte alla sede di Fratelli d’Italia. Per concludere con i discorsi sul palco, dove la città si è riunita in quello che è stato un abbraccio collettivo. Il primo di una lunga serie. Perché quando la prima onda arriva, ne arriveranno altre e altre ancora. Quella di ieri, a Enna, è stata travolgente e meravigliosa. Vedremo cosa accadrà da questo momento.
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