La vicenda di Eva, la ragazza di Torino aggredita perché aveva una borsa rainbow, non va letta solo come un episodio di ordinaria omofobia, ma va vista anche come punta dell’iceberg di un clima generale che ha sdoganato il discorso d’odio, da una parte. E dall’altra aiuta a definire i contorni della necessità di una legge contro l’omo-bi-lesbo-transfobia. Ci aiuta, cioè, a capire non tanto perché, ma per chi è necessario il ddl Zan.
La vicenda è ormai tristemente nota. Eva e le sue compagne sono all’uscita della scuola. Porta una borsa con i colori dell’arcobaleno, abbinata ai calzini. Il branco le raggiunge. Partono gli insulti. Le ragazze non sono remissive e rispondono a tono. Quindi gli schiaffi, e ancora le ribellione delle vittime: «Adesso ti senti migliore?» domandano le ragazze all’aggressore. Da lì è una caduta a precipizio nel baratro della violenza. E non è solo quella fisica. Non è un incidente di percorso, in cui il bullo di turno si fa forte di una narrazione condivisa. No, non è solo questo. È violenza di sistema.
Linguaggio omofobico, disprezzo della dignità altrui, diffuso senso di impunità, la violenza come moneta di scambio nell’interazione sociale. Tutti elementi che trovano una giustificazione e si alimentano in un dibattito pubblico – politico e da bar dello sport – che parla delle persone Lgbt+ senza dar voce a queste persone. La cancellazione dai talk show, dai programmi di approfondimento e dai telegiornali è speculare al tentativo di cancellazione dal quotidiano. Un sistema di informazione che ti narra senza permetterti di essere visibile – anzi, tenendoti bene a distanza – è l’altra faccia della medaglia di quella parte della società che prova a cancellarti con schiaffi e minacce. Perché, appunto, non vuole vederti.
La politica è il trait d’union di queste dimensioni. Sia in modo attivo, portando avanti un discorso spiccatamente anti-Lgbt+ (e possiamo dire grazie soprattutto a partiti e leader di destra, radicale e non, ma non solo a loro). Sia in forme più subdole e ugualmente dannose, cercando di depauperare provvedimenti a favore della comunità arcobaleno: ieri con la legge sulle unioni civili, invisibilizzando e discriminando le famiglie arcobaleno. Oggi con il ddl Zan, nel tentativo di affossare la legge e di cancellare le persone transgender, con le polemiche pretestuose sull’identità di genere. Se i primi a non prevedere, a nascondere e a voler rimuovere pezzi della nostra comunità sono coloro che dovrebbero legiferare per il bene comune (comunità arcobaleno inclusa), perché mai la società – o quanto meno, certi suoi settori – dovrebbe essere più benevola?
E a proposito di ddl Zan: non sappiamo se Eva sia una ragazza lesbica o meno. E, a dire il vero, non importa. Non è la sua identità che è sotto i riflettori o al banco degli imputati. È semmai la violenza che le hanno riservato che va considerata in tutto con tutte le sue criticità. La legge in discussione al Senato inciderebbe, infatti, non sull’identità sessuale della ragazza, ma sul crimine commesso. Se è lesbica, entrerebbe in vigore. Se etero, anche. E siccome è un’aggressione motivata da odio basato sull’orientamento sessuale, non importa se reale o presunto, scatterebbero delle aggravanti. Chi dice di no a questa legge, insomma, sta dicendo a Eva che quelle botte sono in un certo qual modo meno gravi. E ai bulli, grosso modo, la stessa cosa.
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