Venerdì scorso vi abbiamo raccontato del caso delle due ragazze marocchine arrestate perché fotografate mentre si baciavano e poi denunciate dalla madre di una delle due. B.H. e C.S. hanno rispettivamente 17 e 16 anni e il loro processo sarebbe dovuto iniziare proprio venerdì scorso, ma il giudice ha rinviato l’udienza. Secondo alcuni attivisti locali il rinvio al 25 novembre prossimo (che coincide, tra l’altro, con la vigilia della giornata Internazionale contro la violenza sulle donne) potrebbe essere dovuto alla volontà di non alzare polveroni sulla questione dei diritti civili proprio nei giorni in cui a Marrakech si svolgerà la COP22 sul clima che vedrà la partecipazione di molti rappresentanti politici e giornalisti da tutto il mondo.
Intanto, le associazioni Collettif Aswat e Akallyat hanno lanciato un appello internazionale rilanciato da AllOut e, in Italia, da “Il Grande Colibrì” per chiedere la liberazione delle due ragazze. Gli attivisti chiedono la massima partecipazione possibile e la massima diffusione dell’appello nel tentativo di portare il ministro della Giustizia e quello dell’Interno del Marocco a rilasciare le due ragazze. Ecco il testo dell’appello:
“B.H. e C.S. sono due giovani ragazze che sono state arrestate in Marocco dopo essere state scoperte a baciarsi ed abbracciarsi.
Questo è spaventoso. Nessuno dovrebbe essere perseguito per chi è e per chi ama. Vi chiedo di rilasciare le ragazze immediatamente e senza condizioni.
Vi sollecito anche a rilasciare tutti gli altri prigionieri che sono stati condannati a causa del loro orientamento sessuale, ad abolire l’articolo 489 del codice penale marocchino e a garantire e proteggere le libertà civili e il diritto alla riservatezza di tutti i vostri cittadini”.
Mentre scriviamo, sono già più di 45.500 le firme raccolte su un obiettivo finale di 50.000.
Per firmare l’appello, cliccate qui. Potete registrarvi sulla piattaforma o usare il vostro profilo Facebook.
In favore della liberazione delle due ragazze si sono mobilitate anche associazioni come Amnesty International e diverse testate come l’edizione britannica dell’Huffington Post.