La notizia del consigliere leghista De Paoli indagato dalla Procura di Genova perchĆ© secondo alcuni testimoni avrebbe detto “se avessi un figlio gay lo brucerei in un forno” ha riaperto la discussione sui crimini d’odio (hate crimes & hate speeches) motivati da omofobia o transfobia.
Il termine hate crime (crimine dāodio) viene usato ufficialmente la prima volta dallāOSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) nel 2003 per indicare i crimini basati sul pregiudizio, la discriminazione e lāodio generati da fattori quali la razza, lāorigine etnica, lāorientamento sessuale, la religione, la condizione sociale, lāappartenenza politica.
Il termine hate speech (discorso dāodio) viene invece usato per indicare discorsi o manifestazioni del pensiero piene di odio che mirano a screditare una persona o un gruppo di persone sulla base di alcune caratteristiche (come quelle citate prima) noncheĢ a istigare allāodio nei confronti delle stesse.
Rispetto ai ācrimini dāodioā (hate crimes), caratterizzati almeno da un principio di azione violenta, i ādiscorsi dāodioā (hate speech) individuano una tutela maggiore e piĆ¹ specifica: secondo studi di psicologia sociale, infatti, i discorsi dāodio sono strettamente connessi e necessariamente propedeutici ai crimini dāodio, in quanto consolidano gli stereotipi legati alle categorizzazioni sociali, partecipano alla costruzione e allāalimentazione dei pregiudizi, e influenzano in modo rilevante la percezione sociale di un determinato gruppo.
Nel panorama Europeo i crimini dāodio e i discorsi dāodio sono stati ampiamente oggetto di discussione. Nel 2009, infatti, il Consiglio dei ministri dellāOsce ha adottato una decisione con la quale ha invitato tutti gli stati membri ad adottare misure e sanzioni efficaci contro i crimini e i discorsi dāodio.
Il legame tra discorsi dāodio e crimini dāodio, affermato anche nelle Risoluzioni del Parlamento europeo, imporrebbe dunque una tutela rafforzata mediante il ricorso alla sanzione penale per entrambe le tipologie di reato.
Allāorigine di pregiudizio, discriminazione e odio legati allāorientamento sessuale e allāidentitaĢ di genere vi sono i concetti di omofobia e transfobia.
Il Parlamento Europeo, nella Risoluzione del 18 gennaio 2006, definisce lāomofobia come āuna paura e unāavversione irrazionale nei confronti dellāomosessualitaĢ e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (Glbt), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, allāantisemitismo e al sessismoā e chiede a tutti i Paesi membri degli interventi urgenti.
Anche se le statistiche in materia di hate crimes nei confronti delle persone LGBT sono scarse e la criminalizzazione di queste condotte non riguarda ancora tutti gli stati membri della UE, un report condotto dalla Agenzia Europea per i diritti fondamentali (FRA) dimostra come i crimini commessi in ragione dellāorientamento sessuale e dellāidentitaĢ di genere rappresentano un preoccupante fenomeno sociale e la protezione di questi gruppi non eĢ ancora sufficiente. Questo vale in particolare per lāItalia.
LāItalia, pur prevedendo una legge che punisce espressamente i crimini e discorsi dāodio, (la cosiddetta legge āReale-Mancinoā)Ā ha adottato una formula che non include neĢ esplicitamente neĢ implicitamente la tutela delle persone Lgbt. Non esiste neppure alcuna specifica previsione di una aggravante per i reati commessi con movente omofobo.
Quindi, ad oggi ancora in Italia le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender non godono di alcuna specifica protezione prevista dalla legge e, se vittime di violenza, il movente omofobico o transfobico che ha generato il reato non ha alcuna rilevanza giuridica. Il 19 settembre del 2013, la Camera dei Deputati ha approvato un Testo Unificato in Materia di Contrasto dellāOmofobia e della Transfobia (la cosiddetta legge Scalfarotto) che eĢ poi stato inviato al Senato per lo studio, la discussione, eventuali emendamenti e la votazione. FincheĢ lo stesso testo non verraĢ approvato in entrambi i rami del Parlamento, non diverraĢ una legge dello Stato. Questo testo eĢ stato molto criticato dalle Associazioni LGBT per via in particolare di quello che ĆØ diventato noto come āemendamento Gittiā che in qualche modo ne riduce la portata e lāefficacia.
Nel resto dāEuropa sono diversi i Paesi che hanno giĆ previsto espressamente il reato di omofobia (incitement of heatred) e/o una circostanza aggravante della pena legata allāomofobia (aggravating circumstance).
Tuttavia, anche in assenza di unāapposita normativa che punisca con un reato specifico e/o con una āpena aggravataā, in caso di reati commessi con un movente omofobico o transfobico ogni persona LGBT che ha subito una violenza, una minaccia, unāaggressione o un reato di qualsiasi genere in ragione del proprio orientamento sessuale o della propria identitaĢ di genere potrĆ rivolgersi alle AutoritaĢ di Polizia, denunciare lāaccaduto e vedere successivamente tutelati i propri diritti.
Reati tipici a sfondo omofobico o transfobico possono essere, ad esempio: percosse, lesioni personali, ingiuria, diffamazione, violenza sessuale, violenza privata, minaccia, atti persecutori, danneggiamento ed altri ancora.
Proprio per prevenire e contrastare i reati connessi al fenomeno della discriminazione la Polizia di Stato italiana ha creato lāOSCAD, Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori.
Il nostro consiglio, dunque, ĆØ denunciare sempre: dato l’evidente immobilismo legislativo, una serie di azioni legali a contrasto di crimini d’odio legati a omofobia e transfobia potrĆ senz’altro creare dei precedenti per far sƬ che venga applicata una tutela.