La battaglia sul “gender” impazza ancora. E questa volta finisce direttamente al Consiglio dei ministri. I protagonisti: da una parte la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e dall’altra Angelino Alfano. Pariamo dello stesso Alfano promosso agli Esteri nonostante lo scandalo che lo coinvolse con il caso Shalabayeva consegnata al governo del suo paese nonostante fosse la moglie di un dissidente politico.
Tutta colpa dei decreti sulla scuola
Il contesto in cui si è svolta quest’ennesima battaglia contro la pericolosa “ideologia” che vorrebbe trasformare i figli degli eterosessuali in epigoni di Priscilla, celeberrima regina del deserto, è l’approvazione dei decreti per la riforma della scuola. È bastato che in quegli stessi apparisse il termine incriminato – apparentemente un auspicio affinché chiunque avesse accesso all’istruzione, a prescindere dalle differenze di genere – perché Alfano si inalberasse. Il risultato? Il testo è stato “tradotto” introducendo un passaggio che garantisca «ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali».
Una norma di buon senso. È la nostra Costituzione, infatti, a tutelare – proprio nell’articolo 3 – gli stessi diritti a prescindere dalle differenze di genere, anche se nel passo in questione si parla di “sesso”. Sovrapposizione fatta negli anni quaranta dai nostri costituenti per ovvie ragioni culturali. Non si comprende tuttavia perché l’introduzione della parola “genere” abbia mandato in tilt Alfano, che si è opposto.
Alfano e il significato di “genere”
Grammaticalmente parlando, infatti, è quella «categoria distintiva del maschile, del femminile e, nelle lingue in cui esiste, del neutro». In biologia, poi, rappresenta l’«unità di classificazione superiore alla specie». Come questi concetti, introdotti in un provvedimento, possano essere lesivi dell’identità sessuale dell’individuo è mistero forse superiore al fatto che il responsabile della consegna di dissidenti a un governo tirannico abbia ancora una carriera politica.