Si celebra oggi il Safer Internet Day, che in Italia coincide con la prima Giornata contro il bullismo. In questa data, oltre cento paesi si impegnano a promuovere un uso più sicuro e responsabile dei nuovi media tra bambini e adolescenti. È proprio sul web, infatti, che si consumano le peggiori violenze di gruppo contro quei soggetti ritenuti deboli, estranei dalla “norma” e quindi da emarginare e bullizzare.
Cos’è il bullismo
Il bullismo è questo: un’aggressione continua e costante, da parte di un gruppo contro un singolo o un altro gruppo più piccolo, in cui la violenza viene reiterata in modo continuo, con un copione sempre uguale. Quando tutto questo si trasferisce su internet, si trasforma in cyber-bullismo. La persecuzione si trasferisce all’intera quotidianità della vittima, visto che questa può essere raggiunta dagli insulti in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.
Insegnare l’odio
Mentre pensavo a tutto questo, mi sono accorto che ci concentriamo sul mondo giovanile, giustamente, ma raramente ci interroghiamo su cosa possiamo fare noi, genitori e insegnanti soprattutto, per fare la differenza tra le giovani generazioni. Perché sarebbe ora di cominciare a dirlo: l’odio verso il diverso viene appreso dal mondo degli adulti. Succede già con il razzismo, quando in tv sentiamo il leader populista e/o di destra più o meno estrema parlare di “emigrazione” trasformandola in sinonimo di sciagura. In egual modo, impariamo a deridere qualcuno per le proprie fattezze, per la propria sessualità, per il suo non essere come dovrebbe. I “grandi”, in tutto questo, sono da esempio. Purtroppo.
Bullismo e omo-transfobia
A proposito di violenze motivate dall’identità sessuale, va ricordato che il bullismo omo-transfobico è un fenomeno ancora molto diffuso. Dai banchi di scuola si trasferisce sul web. Anche in questo caso non nasci omofobo, ci diventi. Per esempio, quando senti tuo fratello che dà del frocio al suo amico, anche solo per ridere, o vedi tuo padre che storce il naso per un “bacio gay” in tv. Per non parlare di politici e preti in prima linea contro i diritti delle persone Lgbt. In questi casi, ti insegnano ad amare il prossimo tuo. Ma fino a un certo punto.
I “froci” a scuola
Dal fantomatico mondo degli adulti voglio riportare un recente titolo della Gazzetta dell’Adda: “Nessun tabù a scuola: si parla pure di «froci»”. Si notino l’infelice scelta lessicale e la scandalosa presenza di caporali, che dovrebbero introdurre il discorso diretto e non connotare i termini evidenziati. Basterebbero solo queste osservazioni per capire che non tutti possono parlare impunemente di scuola. Ma partirò da questo esempio per ricordare che la nostra cultura, soprattutto quella scolastica, ha in sé la soluzione al problema dell’omofobia e delle sue emanazioni, bullismo incluso. La stessa letteratura ci viene in aiuto, al proposito.
Omosessualità e letteratura
Non è questo il luogo per abbozzare una “storia letteraria Lgbt” (e mi perdonino i critici per questa categorizzazione così infelice), ma non posso non ricordare il fondamentale episodio dell’incontro di Dante col suo maestro, Brunetto Latini. Collocato all’Inferno, è vero: il sommo poeta era uomo del suo tempo e non poteva fare altrimenti di fronte al peccato manifesto. Eppure, Dante, era anche un genio: ovvero un uomo che andava oltre il suo tempo. Nei confronti del maestro è sempre riverente, mantiene un tono di rispetto profondissimo, dialoga con lui e non nasconde stima e affetto nei suoi confronti. L’omosessualità di Latini, per Dante, è condizione sufficiente alla morale (dell’epoca) per condannare un essere umano, ma non è elemento valido per dimenticarne la grandezza. La lezione che ci dà il padre della lingua italiana è questa. E lo fa nella terzina conclusiva del canto, quando dice:
«Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde.»
Brunetto torna nella schiera maledetta, ma non ne esce sconfitto. Anzi. Brunetto assurge a gloria poetica, imperitura. L'”omofobia” di quel tempo la lasciamo a una temperie culturale che non a caso oggi definiamo come medievale.
Il rispetto nel nostro Dna
Dante ci regala questo passaggio di profondo rispetto per la condizione umana, che va oltre alle credenze dell’epoca e oltre a quella morale che fa coincidere omosessualità, peccato e dannazione. E fa tutto questo in volgare, ovvero costruendo quel codice linguistico che sarebbe divenuto la lingua del nostro popolo. Nell’italiano, quindi, è iscritto un passaggio cruciale nel rispetto per la diversità. Dovrebbe far parte, in altre parole, nel DNA della nostra cultura. Guardare l’uomo per ciò che è, a prescindere dal recinto etico in cui ogni presente (destinato a passare) lo rinchiude.
Il dovere alla cultura
Ho scritto tutto questo non solo perché sono un insegnante e credo profondamente nel valore edificante della letteratura, in quella capacità cioè di creare civiltà, ma anche perché dobbiamo gestire un’eredità – in quanto individui, in quanto adulti, in quanto professionisti e soprattutto anche in quanto “abitanti” di questo paese – che non può mescolarsi alla volgarità e all’insipienza della discriminazione, della violenza sul più debole, del non saper riconoscere l’altro/a, della non accoglienza. In una frase sola: non possiamo permetterci l’ignoranza. Questo ci insegna uno dei padri nobili della nostra cultura. Questo è ciò che dobbiamo imparare a trasmettere a chi viene dopo di noi. O non avremo la credibilità per parlare di lotta a diseguaglianze e violenze. In qualsiasi loro forma.