In quella che i media definiscono “emergenza migranti”, qualcuno arrivando perfino a parlare di “invasione”, un aspetto particolare riguarda i richiedenti asilo gay, lesbiche, bisessuali a transgender. Al netto dei conflitti in corso in paesi come la Siria, infatti, una quota di persone in cerca di un futuro migliore scappa da paesi i cui regimi condannano e perseguitano i loro cittadini non eterosessuali. Questo accade non solo nei paesi arabi o a maggioranza musulmana, ma anche in paesi africani a maggioranza cattolica (si pensi, ad esempio all’Uganda) dove contro le persone lgbt si consumano violenze di ogni genere agevolate da politica esplicitamente omofobe che prevedono perfino il carcere per chi manifesta il proprio non essere eterosessuale.
Non esistono cifre ufficiali precise su quanti siano, tra i richiedenti asilo, coloro che scappano da situazioni del genere, ma secondo l’ultimo rapporto di Ilga Europa in merito, la quota è in continua crescita. Si sa, ad esempio, che in Belgio il numero di richiedenti asilo lgbt è passato da 376 del 2009 a 1.070 del 2014.
Com’è noto, nel 2015 il numero di rifugiati in Europa è cresciuto sensibilmente e molti rapporti sul fenomeno spiegano come le minoranze, tra cui quella arcobaleno, siano particolarmente colpite nelle regioni in cui si stanno consumando conflitti (sono note a tutti, solo per citare un caso, le esecuzioni di gay o presunti tali da parte dei miliziani dell’Isis che, solitamente, lanciano dai tetti dei palazzi coloro che pensano essere omosessuali per poi finirli lapidandoli).
Le rotte principali da cui arrivano i profughi in Europa passano dalla Turchia e poi dalla Grecia e dai Balcani nel tentativo di arrivare in Germania, Svezia e negli altri paesi prevalentemente del Nord Europa dove chiedere asilo. Durante il già difficilissimo viaggio verso il Vecchio Continente, le persone omosessuali e trans subiscono ulteriori vessazioni, vengono escluse e sono soggette a violenze sessuali.
Al momento, sembra che la preoccupazione principale dei paesi dell’Unione Europea sia fermare il flusso di migranti. A tale fine, la Commissione Europea ha cercato di stilare una lista di “paesi d’origine sicuri”. I criteri con cui i paesi di origine vengono considerati sicuri, non tengono conto dell’adesione alla Convenzione di Ginevra. Nella lista di questi paesi rientra anche la Turchia con cui l’Ue ha siglato un accordo per il quale la Turchia riceverà un cospicuo finanziamento purché accetti che i migranti che arrivano in Grecia vengano rimandati sul suo territorio.
Non è una novità che la Turchia voglia entrare a far parte dell’UE e che, tra gli ostacoli al suo ingresso ci sia anche la situazione quantomeno precaria dei diritti umani nel paese governato da Erdogan. Questo riguarda anche le persone LGBT. In Turchia le persone omosessuali e in misura maggiore quelle trans, sono spesso oggetto di violenze anche da parte della polizia. Inoltre un sondaggio pubblicato lo scorso aprile da Pew Research mostra che solo il 4% della popolazione considera l’omosessualità “moralmente accettabile” mentre ammonta al 78% la fetta di turchi che la ritagono “moralmente inaccettabile”, tasso più elevato di qualsiasi paese membro dell’UE (qui potete leggere il report completo di Ilga Europe sulla Turchia). Alla luce di queste informazioni, il rischio di rimpatri forzati verso la Turchia dei profughi giunti in Europa tramite quel paese, appare particolarmente preoccupante. La Turchia, in oltre, non aderisce alla Convenzione di Ginevra e riconosce uno status di “rifugiato condizionato” che prevede diritti limitati rispetto allo status riconosciuto in Europa. Secondo Ilga, la già precaria condizione delle persone gay, lesbiche, bisessuali e trans in Turchia solleva non poche preoccupazioni rispetto a quello che potrebbero dover affrontare le migliaia di richiedenti asilo non eterosessuali se rimandati a forza nel paese di Erdogan.
Lo scorso 18 febbraio Ilga Europe ha incontrato Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione Europea proprio per affrontare il tema dei richiedenti asilo LGBT. Durante l’incontro l’associazione ha espresso la propria preoccupazione sul fatto che non ci siano misure di protezione specifiche e sugli accordi con la Turchia. La richiesta di asilo da parte delle persone appartenenti alla gay community presenta un livello elevato di complessità di cui gli accordi in corso di definizione non tengono conto. Ilga ha anche presentato un report che dimostra chiaramente come la Turchia non possa essere considerata un “paese sicuro” in special modo per le persone gay, lesbiche, bisessuali e trans.
“Esortiamo l’UE e tutti gli Stati membri a procedere con la massima attenzione – ha concluso Ilga -, in quanto non stanno trattando le domande di asilo in base al sesso, l’orientamento sessuale e l’identità di genere come dovrebbero”.