Rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e minaccia o violenza a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, con l’aggravante di avere favorito un’impresa legata alla ‘ndrangheta emiliana. Sono queste le pesanti accuse di cui dovrà rispondere il senatore Carlo Giovanardi secondo quanto riporta un articolo in esclusiva de “L’Espresso”.
Le accuse
Stando a quanto scrive Giovanni Tizian per il settimanale, Giovanardi avrebbe usato notizie riservate e fatto pressioni, tra gli altri, su due prefetti di Modena per impedire che emanassero l’interdittiva antimafia contro una ditta di costruzioni modenese, la Bianchini, il cui titolare è sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo gli inquirenti, il senatore, che è anche membro della commissione Antimafia, era a conoscenza dei rapporti tra Bianchini e gli uomini del boss Nicolino Grande Aracri.
Lo rivelerebbero registrazioni audio e video realizzate dallo stesso Bianchini che, non fidandosi per sua natura di nessuno, era solito filmare i suoi incontri e conservare gelosamente i video. Tra queste registrazioni ce n’è anche una che documenta un incontro con Giovanardi in cui i Bianchini ammettono di avere fatto fatture false e di avere rapporti con Bolognino, considerato il braccio destro di Nicolino Grande Aracri.
Le pressioni a corpi dello Stato
Questa consapevolezza non avrebbe impedito al senatore di continuare a perorare la causa dell’azienda, adottando metodi non proprio ortodossi al punto che i suoi interlocutori (prefetti, capi di gabinetto, questori, comandanti provinciali dei carabinieri e della Finanza) avevano cominciato a temere ripercussioni se non avessero assecondato le richieste di Giovanardi.
“Ecco qualche esempio in mano a chi indaga – scrive il giornalista de L’Espresso -: agli ultimi due prefetti di Modena, il prefetto Benedetto Basile e Michele Di Bari, gli sarebbe stata prospettata l’adozione di un trasferimento ad altra sede o incarico attraverso interventi diretti presso il ministero dell’Interno; agli ufficiali dei Carabinieri è stata paventata la presentazione di esposti all’autorità giudiziaria, e l’avvio di un’incisiva azione parlamentare nel tentativo di influenzare le decisioni di chi avrebbe poi dovuto decidere delle sorti di Bianchini”.
La presunzione di innocenza
Sul senatore, com’è previsto dalla legge quando le inchieste giudiziarie coinvolgono parlamentari, dovrà esprimersi la giunta per le autorizzazioni a procedere che dovrà dare il via libero all’uso delle intercettazioni telefoniche nelle mani degli inquirenti. E, corre l’obbligo di sottolineare, si parla di inchieste ancora in corso, non di condanne, tanto meno definitive. Il senatore, dunque, avrà modo di dimostrare la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati.
Di una cosa siamo certi: qualsiasi rapporto avesse davvero Giovanardi con i Bianchini, non c’è da dubitare che ne abbia prima valutato la totale estraneità alla “lobby gay” e la comprovata contrarietà “all’ideologia gender”.