Due ragazzi, due trentenni, consumano un mix di cocaina e alcol e poi ne uccidono un terzo. Secondo quanto trapelato sulla stampa dalla confessione di uno dei due presunti assassini, il 29enne Manuel Foffo, l’omicidio è scattato dopo che lui e il suo amico Marco Prato avevano consumato grosse dosi di cocaina (dieci grammi, racconta il giovane) e alcol nell’appartamento romano del primo, tra giovedì e venerdì scorso. “Volevamo vedere che effetto fa”, ha raccontato Foffo agli investigatori che stanno seguendo il caso. Per questo hanno deciso di chiamare il povero Luca Varani, una conoscenza di Prato. “Volevamo uccidere qualcuno solo per vedere che effetto fa – ha dichiarato Manuel Foffo al pm Francesco Scavo, secondo quanto riporta Repubblica -. Eravamo usciti in macchina la sera prima sperando di incontrare qualcuno. Poi abbiamo pensato a Varani che il mio amico (Marco Prato ndr) conosceva”. Non si sa come e dove Prato avesse conosciuto Varani.
Quando Varani è arrivato nell’appartamento di Foffo, in via Igino Giordani, è stato prima seviziato e poi ucciso a coltellate e martellate. Un atto di una violenza inaudita e ingiustificata, pare scaturita dall’eccesso di droga e alcol. Tutto è successo tra giovedì sera e venerdì mattina, ma il corpo di Varani è stato trovato solo sabato mattina, quando Foffo ha confessato tutto al padre che ha chiamato subito i carabinieri. Prato, invece, resosi conto dell’accaduto, ha tentato il suicidio ingerendo barbiturici ed è stato salvato dai carabinieri che hanno fatto irruzione nella camera d’hotel in cui si trovava.
Niente, al momento, lascia immaginare una ragione per cui sia stato proprio Varani ad essere stato scelto per il macabro esperimento. Da quello che racconta Foffo, la vittima è stata solo casuale: al suo posto avrebbe potuto esserci chiunque, qualunque altra persona fosse venuta in mente ai due in quel momento di delirio.
Non pare esserci nessun collegamento con incontri sessuali, né precedenti né relativi a quella sera. Varani, fidanzato da nove anni con una ragazza di nome Marta, è stato chiamato solo dopo che i due, persa ogni lucidità, avevano deciso di sperimentare cosa si prova ad uccidere qualcuno dopo averlo torturato e seviziato.
Prato è conosciuto a Roma per essere stato uno degli organizzatori di una frequentata serata gay romana, l’Ahperò, ma tempo fa era stato fotografato intento a baciare Flavia Vento. Di Varani, invece, si conosce il nome della fidanzata che, per altro, ha ringraziato pubblicamente tutti coloro che le hanno espresso vicinanza e solidarietà in queste ore. Con gli elementi a disposizione in questo momento, in cui si attende ancora il risultato dell’autopsia, parlare di “festino gay” (come molti utenti dei social network si stanno spingendo a fare) risulta non solo un azzardo, ma anche fuorviante lasciando intendere che possa esserci un legame tra l’orientamento sessuale di una persona e certi comportamenti che sfociano poi nella violenza e nella delinquenza. Si è trattato, come ha sottolineato su Twitter il vice capo cronaca del Messaggero di Roma Marco Pasqua, del “gioco perverso due persone malate sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e alcol”.
(Nella foto sopra il titolo: Luca Varani – fonte: Ansa)