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Governo Meloni: prepariamoci alle barricate, nelle scuole e nelle piazze

C’è poco da dire sulla formazione del nuovo governo Meloni, di destra-destra – per non dire estrema (che poi s’arrabbiano) – che ha appena giurato su una Costituzione nata da valori che negano la matrice (sub)culturale del partito della prima presidente del consiglio d’Italia. Costituzione che nasce in contrapposizione proprio a quella matrice, che se oggi possiamo dire “post-fascista” (ma possiamo dirlo?) un tempo era neanche troppo velatamente fascista. Le meraviglie della democrazia: permettere a chi la ostacola di arrivare al potere. Ma, appunto, possiamo dire veramente poco. E quel poco suona così: è un governo orribile.

Unioni civili e fine dell’umano (così parlò Roccella)

La neo-ministra della famiglia, Eugenia Roccella

Non c’è solo la pregiudiziale ideologica per chi, come me, di sinistra, mal tollera certe “famiglie” politiche al potere. È una questione di sostanza, anche linguistica. Andiamo per ordine. I personaggi che occuperanno poltrone e dicasteri sono noti. Eugenia Roccella è la sorridente “femminista” – o almeno così lei si definisce – che nega tutte le battaglie del femminismo, almeno quello contemporaneo: il diritto all’aborto, l’autodeterminazione sul proprio corpo, la possibilità di permettere di avere prole a coppie di padri gay. Colei che sulle unioni civili disse: «Per la sinistra, leggi come questa portano verso il progresso; per noi, vanno verso la fine dell’umano».

E l’elenco dei ministri – uso rigorosamente il maschile, per compiacere quella sub-cultura – su cui storcere il naso è lungo e non si ferma a lei. Da Calderoli a Salvini, passando per il neo-ministro dell’Istruzione.

L’eco che arriva da Polonia e Ungheria

Ma dicevo, la questione è di sostanza anche linguistica. A cominciare dai nomi dei ministeri. Istruzione e merito. Sovranità alimentare. Famiglia e natalità. Parole che rimbombano, nella coscienza. E che restituiscono l’eco di una profonda cupezza. Perché dietro ogni singola scelta c’è molto di più di certo folklore post-fascista. C’è un’idea di società. Che fa pensare, inevitabilmente, al Racconto dell’ancella. Una società in cui le donne sono oggetti riproduttivi, con buona pace delle solite, vergognose, pagine veterofemministe e terf che salutano il governo Meloni come quello che avrebbe rotto il tetto di cristallo. Basta vedere, a tal proposito, il numero delle donne al governo e i posti che occupano per capire che non si va lontano da quote rosa poco più che cosmetiche. Una società in cui le diversità sono minacce da combattere.

Giorgia Meloni, col suo alleato Orban

E se chi legge, al momento, può pensare che si stia esagerando, si vada a vedere le politiche fatte su donne, comunità LGBT+ e migranti in Polonia, in Ungheria e anche in Russia, che resta un punto di riferimento per interi settori politici interni a questa maggioranza. L’eco lontano, che arrivava con le notizie sulle Lgbt free zone e con il divieto di parlare di omosessualità in pubblico, è ora una minaccia concreta.

Istruzione e merito?

Desta particolare preoccupazione, ancora, il nome che si è scelto per il Ministero della Pubblica Istruzione, che oggi viene ribattezzato aggiungendo la parola “merito”. Chi decide cosa è il merito, dentro il complesso mondo della scuola? Quali sono, all’interno della popolazione studentesca, i soggetti “meritevoli”? E tra la classe docente, l’insegnante meritevole è anche l’individuo che si mostrerà al tempo stesso servizievole? I nomi dei ministeri sono il biglietto da visita di una sub-cultura che si pensava, sbagliando, defunta. Non sono “solo parole” e sarebbe un errore ulteriore indulgere in questo. Dietro il progetto del governo Meloni traspare una visione classista, autarchica e sessista del Paese e della società. Che porterà, se mi si permette una previsione, alla solita macelleria sociale nelle scelte economiche. Con una ricaduta importante, e tragica, nella sfera dei diritti.

Governo Meloni, è arrivato l’invasor

Giorgia Meloni in Spagna, ospite del partito di estrema destra Vox

Toccherà a noi, persone che ancora credono nei valori costituzionali (e qui il discorso non riguarda più solo l’elettorato di sinistra, ma anche quelle soggettività che si riconoscono nelle forze di centro liberale, sempre che si diano una bella svegliata) a ricostruire il Paese dopo che l’ondata nera travolgerà ogni cosa. Quando il concetto di “patria” – che è la terra dei padri, altra scelta terminologica che esclude le donne dal consesso collettivo e quanti e quante faranno scelte procreative e sessuali difformi – si rivelerà per quello che è: un bluff. O una gabbia, dove rinchiudere le legittime aspirazioni di una società complessa e multiforme.

Prepariamoci alle barricate, fatte anche con banchi e cattedre. Nelle scuole e nelle piazze. Che stamane, al risveglio, abbiam trovato l’invasor. Solo che questa volta, glielo hanno mandato con legittime elezioni. Poi, che sia legittimo anche il governo che ne è espressione, proprio per la sub-cultura che rappresenta, è un altro discorso.

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