Il gruppo cinese Beijing Kunlun Tech Co., proprietario della compagnia californiana, ha annunciato l’intenzione di quotare Grindr in Borsa. Non è ancora chiaro quali saranno le borse in quanto verrà valutato in base alle normative dei diversi paese e dalle condizioni di mercati. Al momento, sono stati presentati alla borsa di Shenzen i documenti per la richiesta. Dopo l’offerta pubblica iniziale, l’impegno di Kunlun è di investire nell’espansione della compagnia. La quotazione in borsa, scrive il consiglio di amministrazione, “consoliderà la competitività dell’azienda e ne promuoverà lo sviluppo sostenibile”.
Pensata come applicazioni per incontri riservata a persone gay, bisex e transgender, Grindr è stata lanciata nel 2009 dalla Nearby Buddy Finder, ottenendo notevole successo in pochissimi mesi. Un anno dopo era diffusa in 162 nazioni con 750.000 iscritti. Due anni dopo erano diventati 2 milioni.
Poi la svolta, nel gennaio 2016: la compagnia Kunlun prende il controllo di New Grindr LLC sborsando 93 milioni di dollari per il 60% della società. Due anni dopo, la proprietà è diventata completamente cinese: altri 152 milioni di dollari per la fetta restante. Oggi Grindr vanta 27 milioni di iscritti in tutto il mondo.
Nel corso degli anni non sono mancate polemiche nei confronti di Grindr, in particolare per quanto riguarda la privacy degli utenti. L’ultima risale allo scorso aprile, quando Buzzfeed ha denunciato che l’applicazione condivideva con aziende esterne dati sensibili come lo stato sierologico e la data dell’ultimo test HIV. Vicenda conclusasi con cenere sul capo e una promessa: “Smetteremo”.
Ma i problemi di privacy sono stati diversi, nel corso degli anni, a partire dagli utenti Grindr che scelgono di non mostrare la distanza dagli altri utenti. Questa funzione in realtà non garantisce l’impossibilità di essere geolocalizzati, come potrebbe far credere. Anche senza particolari competenze informatiche, è possibile scoprire la posizione anche di questi user. In paesi dove l’omosessualità è illegale o fortemente osteggiata, quest’apparenza di tutela e garanzia di privacy, che nei fatti non viene garantita, può spingere le persone gay, bisex e transgender ad abbassare la guardia.
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