Il 2020 è cominciato all’insegna della più nefasta delle eventualità: la guerra in Medio Oriente. Guerra che ha il suo casus belli nell’omicidio di Kasem Soleimani, il potente generale al centro della politica estera e militare iraniana nell’area. Non è dato sapere, al momento in cui si scrive, se l’escalation arriverà alle più tragiche conseguenze. Di certo, il nuovo clima – con tutto quello che può comportare – potrebbe avere contraccolpi negativi sulla vita delle persone Lgbt+.
Non è la prima volta che un omicidio politico rischia di degenerare in un conflitto di larga portata. Se riprendiamo i nostri libri di storia, possiamo agevolmente ricordare che proprio l’assassinio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando a Sarajevo degenerò nel primo conflitto mondiale. Forse è anche per questo motivo – insieme a molti altri – che si paventa il rischio di un’ulteriore guerra su scala planetaria. Nell’analisi che segue si parlerà di quelle ipotetiche conseguenze che, sul piano generale, possono portare a un peggioramento della qualità della vita della comunità arcobaleno in Italia. Vediamole insieme.
L’insicurezza generata dal nuovo corso potrebbe portare, nell’immediato, a una recrudescenza di sentimenti anti-islamici già abbastanza diffusi in Italia. L’islamofobia presente nel nostro paese potrebbe dunque essere cavalcata da sovranisti e destra radicale che potrebbero trarne vantaggio elettorale. Un clima di diffusa paura, infatti, potrebbe portare al rafforzamento di partiti politici tradizionalmente ostili alle istanze Lgbt+. In un quadro siffatto, ancora, questioni come il matrimonio egualitario e il riconoscimento delle omogenitorialità potrebbero essere liquidate come obiettivi non urgenti, rispetto ad altre emergenze. Insomma, benaltrismi e rigurgiti ultraconservatori non farebbero bene alle nostre rivendicazioni.
Un secondo elemento di preoccupazione – più generale, ma che ci tocca in pieno come comunità vulnerabile – è quello del peggioramento della qualità delle nostre democrazie. Sempre giocando sulla questione della sicurezza, parola chiave già utilizzata in passato dai governi per giustificare limitazioni di libertà, le società occidentali potrebbero tollerare quelle politiche autoritarie che già hanno fatto capolino nelle vicende politiche più recenti e in più di un’occasione. I decreti sicurezza di Salvini sono solo uno degli ultimi esempi, sul piano temporale. Dopo gli attacchi dell’11 settembre, negli USA gli attivisti per i diritti civili hanno lamentato una pericolosa riduzione della libertà individuale e della privacy. Proprio su quest’ultimo punto, bisogna ricordare la legislazione speciale voluta da Bush per la prevenzione degli atti terroristici dopo l’attentato alle Torri gemelle.
Nacque così l’USA PATRIOT Act, «la legge antiterrorismo votata dopo gli attacchi», dichiarò David Cole, docente di Diritto costituzionale alla Georgetown University, «un pezzo di legislazione di 342 pagine, che ha dato al governo americano formidabili poteri di investigazione e di indagine». Con conseguenze tutt’altro che piacevoli: «Quel poco di democrazia limitata, che esisteva negli Stati Uniti prima dell’11 settembre» denunciò l’attivista Loretta Valtz Mannucci «è evaporata a una velocità allarmante». Se questo modello venisse riprodotto, la privacy di migliaia di cittadini e cittadine anche Lgbt+ potrebbe essere violata. Privacy che, per una categoria vulnerabile come quella Lgbt+, a volte può essere un importante scudo contro violenze familiari e intimidazioni di vario tipo, a cominciare sul posto di lavoro.
Il clima generale appena descritto subirebbe ulteriori gravi conseguenze in caso dello scoppio di un conflitto. Alcuni analisti dubitano che l’Iran voglia arrivare a una guerra su vasta scala, visto che non può competere con gli USA sul piano militare (anche se va ricordato che stiamo parlando di due potenze nucleari). Ma anche solo un conflitto regionale, anche con obiettivi limitati, porterebbe alle catastrofi umanitarie che già conosciamo. Tali catastrofi sono inauspicabili di per sé, a prescindere dalle conseguenze che possono portare a paesi terzi e alle loro società. Aumenterebbero infatti i profughi di guerra e i movimenti migratori. E aumenterebbero le morti di quelle persone che attraversano deserti, montagne e mari nella speranza di una vita migliore.
Un altro aspetto da considerare, abbastanza prevedibile se guardiamo a cosa è successo negli ultimi trent’anni in Medio Oriente, è quello dell’insorgenza dei movimenti estremisti, su base religiosa. Premettendo che il mondo arabo non va affatto confuso con fenomeni quali i talebani e l’Isis, è indubbio che guerre preventive e esportazioni di democrazia hanno determinato la proliferazione di certe realtà. Con i danni che tutti conosciamo, a cominciare dal pericolo rappresentato dal terrorismo. E non solo: questi movimenti ultra-radicali perseguitano le persone Lgbt+ proprio nelle zone in cui si radicano: pensiamo alle esecuzioni del “califfato” contro i gay, in Iraq. La guerra rischia di rendere meno sicure le nostre città e, allo stesso tempo, il destino di quella parte dell’arcobaleno che vive in quei territori.
La guerra, insomma, non è una possibile soluzione ai problemi che sorgono tra popoli e nazioni. Semmai, li aggrava. E si badi: non dobbiamo dire di no alla guerra solo perché può incidere sulla vita di noi persone Lgbt+. Ci sono molte altre ragioni per cui ripudiarla. Dalla possibilità di crisi economiche, con conseguenze facilmente immaginabili, alla morte di milioni di persone innocenti, vittime di interessi e di un sistema politico-economico che si configura sempre più come insostenibile e disumano. Ci sarebbe, poi, la nostra Costituzione che dice qualcosa a riguardo. E, quindi, anche il portato pacifico della rivoluzione di cui il movimento Lgbt+ dovrebbe essere alfiere. A tutto questo, possiamo includere le conseguenze descritte, per completare il quadro. Per un no convinto alla violenza di chi gioca a Risiko con le nostre vite e quelle di tante altre persone.
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