Questa settimana ha fatto molto discutere un caso di cronaca riguardante un ragazzino di 13 anni allontanato dalla sua famiglia (in particolare da casa della madre) su decisione del Tribunale per i minorenni del Veneto che ha decretato la decadenza dalla potestà genitoriale di entrambi i genitori. La vicenda ha fatto discutere perché all’interno del provvedimento vi erano anche riferimenti negativi su presunti atteggiamenti effeminati del ragazzino e dunque alcuni media hanno riportato la notizia dicendo che fosse questa la motivazione della decisione (mentre invece ad un’attenta lettura del provvedimento, le motivazioni erano altre e ben più gravi), tanto da scatenare una forte polemica anche successiva.
Con questa guida cercheremo di capire un po’ meglio in cosa consiste la decadenza dalla potestà (o responsabilità) genitoriale e come funziona.
Per prima cosa va detto che perché si verifichi la decadenza della potestà genitoriale è necessario che ci sia un grave pericolo per la salute fisica e psichica del minore. La gravità del rischio è presupposto della decadenza stessa.
La legge che disciplina la decadenza della potestà è l’articolo 330 del Codice Civile (rubricato “decadenza della potestà sui figli”) che recita così: “Il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.”
Cosa comporta da un punto di vista pratico la decadenza dalla potestà?
La pronuncia di decadenza comporta la sospensione dalla titolarità e dall’esercizio della potestà per il genitore.
Di contro, il genitore continua ad essere gravato di tutti i compiti (primo fra tutti quello di mantenimento) il cui assolvimento non sia incompatibile con gli effetti della pronuncia.
La decadenza della potestà si verifica solo nei confronti del figlio o dei figli rispetto ai quali il genitore ha violato i suoi doveri, senza che necessariamente si estenda a tutti i fratelli. Lo stesso vale per i figli nati dopo la pronuncia.
Qualora il provvedimento riguardi uno solo dei genitori, l’esercizio della potestà spetterà in modo esclusivo all’altro genitore. Se invece riguarda entrambi i genitori, o il genitore esercente in via esclusiva la potestà, verrà nominato un tutore ex art. 343 Codice civile.
La dichiarazione di decadenza della potestà non comporta tuttavia l’interruzione automatica dei rapporti con il genitore dichiarato decaduto, in quanto, l’accertata incapacità di assumere decisioni a favore del figlio, non esclude l’esistenza di sentimenti di affetto validi e sinceri che possono rappresentare una valida risorsa per il minore. Il genitore decaduto dovrà pertanto sottostare alle indicazioni del Tribunale e dei servizi sociali circa i tempi e i modi di frequentazione del figlio; inoltre il suo comportamento sarà in ogni caso soggetto a controllo.
Una decisione è irreversibile?
No. L’art. 332 del Codice Civile, infatti, prevede la “reintegrazione nella potestà“, recitando testualmente: “Il giudice può reintegrare nella potestà il genitore che ne è decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.”
Accanto allo strumento della decadenza – che per ovvie ragioni è stata qui trattata brevemente e cercando di semplificare le nozioni e il procedimento – il Codice Civile prevede comunque anche altri tipi di provvedimenti, che potranno essere in futuro oggetto di approfondimento in un’altra guida.