Dopo le Corti d’Appello di Roma e Torino, e l’importante sentenza n. 12962/2016 della Corte di Cassazione, anche la Corte d’Appello di Milano si esprime in favore della stepchild adoption.
L’interesse superiore dei minori
La sentenza della Corte d’Appello di Milano dello scorso 9 febbraio (il cui testo è stato però diffuso solo pochi giorni fa) riforma quindi la sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni di Milano lo scorso settembre che rigettava l’istanza di ammissione all’adozione in casi particolari in base all’articolo 44 lettera D della legge sulle adozioni da parte della madre sociale (si trattava di una cosiddetta adozione “incrociata” in cui ciascuna madre sociale chiedeva di adottare la propria figlia, biologicamente figlia della compagna).
In particolare, ad avviso dei giudici di primo grado, non era possibile applicare la stepchild adoption prevista dalla lettera D in mancanza di situazioni determinate da “abbandono o gravi carenze delle figure genitoriali”.
I giudici d’Appello, con parere favorevole e conforme della procura, hanno respinto tale interpretazione mettendo al centro del discorso la necessità di dare protezione ad una situazione già sussistente nei fatti, nell’interesse superiore dei minori, rimuovendo qualsiasi disparità di trattamento.
Richiamo esplicito alla legge sulle unioni civili
In un passaggio importante, poi, la Corte d’Appello di Milano critica e censura in modo netto la sentenza di primo grado nella parte in cui richiama a corroborare le proprie tesi l’esito del dibattito politico sulla stepchild adoption in occasione della legge sulle unioni civili.
I giudici dichiarano infatti espressamente di “non condividere affatto l’interpretazione che di tale scelta del Legislatore viene offerta dal Tribunale per i Minorenni”.
Se è vero, infatti, che “con la legge Cirinnà da un lato si è stralciato l’articolo che prevedeva una modifica dell’art. 44 lettera B”, dall’altro nel comma 20 espressamente si è previsto che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. Si intende, quindi, che “resti fermo quanto previsto può apparire pleonastico, ma è fatto salvo anche quanto consentito, evidentemente dalla interpretazione giurisprudenziale così come si è sviluppata nel tempo e come indicata da ultimo dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza 12962/2016”.
Nessun limite all’azione dei giudici
La Corte conclude poi affermando che “contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale per i Minorenni nella sentenza impugnata, non emerge affatto una volontà del Legislatore di delimitare più rigidamente i confini interpretativi dell’adozione in casi particolari ma, semmai, emerge la volontà contraria, tanto è vero che, successivamente all’emanazione della legge, vi sono state altre pronunzie che, in casi analoghi a quello in esame, hanno accolto la domanda di adozione ex art. 44 d)”.
Secondo i giudici, dunque, pur avendo stralciato le stepchild adoption dalla legge sulle unioni civili, non ha voluto limitare l’azione dei giudici nel riconoscere la genitorialità dei padri e delle madri non biologici, ma anzi ha voluto permettere che si continuasse come era stato fatto fino a quel momento.
Quest’ulteriore decisione di un’importante corte, come è la Corte d’appello di Milano, va dunque nella direzione di fortificare l’interpretazione ormai pressoché unanime delle corti italiane in tema di stepchild adoption, tracciando quella che è una sorta di rivoluzione gentile delle stesse per affermare i diritti di quei bambini “stralciati” dalla legge sulle unione civili.