Politica&diritti

Le guide di Gay Lex, unioni civili e scelta del cognome: cos’è successo con i decreti attuativi?

Prosegue il nostro viaggio dentro i decreti attuativi sulle unioni civili, pubblicati in Gazzetta Ufficiale lo scorso 27 gennaio e che sono entrati in vigore sabato 11 febbraio.
Come avevamo già anticipato diverse settimane fa, i tre decreti attuativi definitivi riguardano il coordinamento della disciplina delle unioni civili con le norme di diritto internazionale privato, l’introduzione di alcune norme di adeguamento in materia penale e infine le norme per quanto riguarda la costituzione e la registrazione delle unioni civili stesse presso gli uffici di stato civile che tante polemiche hanno suscitato nei mesi passati e che – come vedremo oggi – continuano a suscitarne.

Nelle ultime guide abbiamo dunque analizzato i testi dei tre decreti attuativi: il D.Lgs. n.7 del 2017 che affronta le questioni dei partner stranieri e dei matrimoni celebrati all’estero (cui è seguito un chiarimento per rispondere alle vostre domande); il D.Lgs. n.6 del 2017, ovvero quello contenente le norme che adeguano il codice penale coordinandolo e armonizzandolo con la disciplina delle unioni civili; e ancora il D.Lgs. n.5 del 2017 con le norme che regolano la costituzione e la registrazione delle Unioni Civili presso gli Uffici di Stato Civile.
Proprio a proposito di questo decreto ci sono arrivate diverse richieste sulla questione della scelta del cognome familiare da parte delle parti dell’unione civile, dunque brevemente tratteremo la questione.

Cosa prevede il comma 10 dell’art.1 della legge 76/2016?

A norma di legge sulle unioni civili è prevista per le parti dell’unione civile la possibilità di adottare un cognome comune. Il comma 10 dell’art. 1 infatti recita così: “Mediante dichiarazione all’ufficiale di stato civile le parti possono stabilire di assumere, per la durata dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso, facendone dichiarazione all’ufficiale di stato civile“.

Nell’idea di chi ha scritto il testo della legge Cirinnà c’è (anzi ormai bisognerebbe dire c’era) l’evidente volontà di replicare la disciplina prevista nel modello tedesco della Lebenspartnerschaft, ove la decisione sul cognome è lasciata alla libertà delle parti (come fecero ad esempio l’ex parlamentare Paola Concia e la moglie Ricarda che scelsero il cognome comune Concia).

L’interpretazione del comma 10 data dal decreto ponte

La disciplina transitoria contenuta nell’art.4 comma 2 del cd. “decreto ponte” (D.P.C.M. n.144/2016) prevedeva quindi la scelta del cognome ispirandosi espressamente al modello tedesco, e prevedeva che a seguito della dichiarazione delle parti, i competenti uffici procedessero all’annotazione nell’atto di nascita e all’aggiornamento della scheda anagrafica.
Alcuni legali operanti in alcune associazioni lgbt ventilavano un’ipotesi di discriminazione nell’obbligo di modifica dei propri documenti e dati personali. A nostro avviso invece, essendo una scelta di entrambe le parti non vi era alcuna ipotesi discriminatoria e, semmai, poneva dei problemi il fatto che il testo di legge prevedesse che tale scelta operasse solo “per la durata dell’unione civile”. Dunque cosa sarebbe accaduto al cognome in caso di scioglimento dell’unione? E in caso di morte di una delle parti?.

La controversa interpretazione del comma 10 data dai decreti attuativi

I decreti attuativi però disattendono questa interpretazione del comma 10 (probabilmente anche viste le polemiche, le difficoltà operative delle anagrafi italiane e quella previsione di temporaneità della modifica di cui abbiamo detto poco su) e fanno una scelta per certi versi assolutamente incomprensibile.
Non solo, infatti ai sensi dell’art.1 (comma 1, lett. m, n. 1, sub f, capo v. g-sexies) del D.Lgs. n.5/2017 si precisa che la scelta del cognome comune “non incide sui dati personali delle parti”. Questa interpretazione è in netto contrasto con quanto previsto nel cd. “decreto-ponte” e quella che sembrava essere la lettura del comma 10 della legge – facendo degradare il cognome aggiunto scelto dalle parti dell’unione civile a semplice “cognome d’uso”.

Il legislatore si spinge oltre: nell’articolo 8 del medesimo decreto, infatti, prevede addirittura l’annullamento delle modifiche anagrafiche effettuate per le unioni civili celebrate quando era in vigore il decreto ponte, operato d’ufficio dalle anagrafi civili e senza possibilità di contraddittorio.

Siamo certi che, in particolare quest’ultima decisione, che appare in fortissimo odore di incostituzionalità, verrà impugnata da diverse coppie in sede giudiziaria e dunque la questione del cognome scelto dalla coppia unita civilmente non può dirsi definitivamente chiarita.

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