Politica&diritti

Le guide di Gay Lex: il procedimento davanti al tribunale dei ministri

Come forse saprete nei giorni scorsi noi di Gay Lex siamo stati i promotori di una delle iniziative per promuovere un’azione penale per quanto stava accadendo a Catania riguardo la nave Diciotti e i migranti trattenuti illecitamente. È notizia di ieri sera che per questi fatti è formalmente indagato il ministro dell’interno Matteo Salvini e la Procura di Agrigento – che per prima aveva preso in carico la vicenda – ha trasmesso il fascicolo al Tribunale dei ministri di Palermo. Ma come funziona il procedimento in questione?

Il tribunale dei ministri

Matteo Salvini

I reati commessi dai ministri e dal Presidente del Consiglio nell’esercizio delle loro funzioni (non, quindi, i reati comuni) sono sottoposti ad un giudice che, dal 1989, è il Tribunale dei ministri. La materia è disciplinata dalla legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 e dalla legge n. 219 del 1989. Il Tribunale dei ministri è un collegio composto da tre membri effettivi e tre supplenti estratti a sorte tra tutti i magistrati in servizio nei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica di magistrato di tribunale o abbiano qualifica superiore. È costituito presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio dove il reato ministeriale è stato commesso.

La prima fase

I rapporti, i referti e le denunce concernenti i reati ministeriali sono presentati o inviati al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio. Il procuratore della Repubblica “omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni” (art. 6 legge cost. 1/1989) trasmette con le sue richieste gli atti relativi al “Tribunale dei ministri” dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati.

Il collegio, entro novanta giorni dal ricevimento degli atti, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, se non ritiene che si debba disporre l’archiviazione, trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro immediata rimessione al Presidente del ramo del Parlamento competente. In caso diverso, il collegio, sentito il Pubblico ministero, dispone l’archiviazione con decreto non impugnabile. Prima del provvedimento di archiviazione, il procuratore della Repubblica può chiedere al collegio, precisandone i motivi, di svolgere ulteriori indagini; il collegio adotta le sue decisioni entro il termine ulteriore di sessanta giorni. Il procuratore della Repubblica dà comunicazione dell’avvenuta archiviazione al Presidente della Camera competente.

La seconda fase

Il Presidente del ramo del Parlamento competente invia alla giunta per le autorizzazioni a procedere in base al regolamento della Camera stessa gli atti trasmessi dal Tribunale dei ministri. La giunta riferisce all’assemblea della Camera competente con relazione scritta, dopo aver sentito i soggetti interessati ove lo ritenga opportuno o se questi lo richiedano; i soggetti interessati possono altresì ottenere di prendere visione degli atti.

L’assemblea si riunisce entro sessanta giorni dalla data in cui gli atti sono pervenuti al Presidente della Camera competente e può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l’autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia  agito  per  la  tutela  di  un  interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente  interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo. Se l’assemblea concede l’autorizzazione, rimette gli atti al Tribunale dei ministri perchè continui il procedimento secondo le norme vigenti.

Misure limitative della libertà e pene accessorie

Nei procedimenti per i reati ministeriali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri, nonchè gli altri inquisiti che siano membri del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati non possono essere sottoposti a misure limitative della libertà personale, a intercettazioni telefoniche o sequestro o violazione di corrispondenza ovvero a perquisizioni personali o domiciliari senza l’autorizzazione della Camera competente, salvo che siano colti nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura. Nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri non può essere disposta l’applicazione provvisoria di pene accessorie che comportino la sospensione degli stessi dal loro ufficio.

Un conflitto tra poteri

È evidente, per concludere, che in ogni caso lo scenario che si apre è quello di un forte conflitto fra tutti i poteri dello Stato (esecutivo, legislativo e giudiziario), situazione inevitabile in un momento in cui lo Stato di Diritto sembra davvero sul punto di essere calpestato, insieme a quei basilari diritti umani che dovrebbero invece essere inviolabili.

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