Centodiciannove casi in trecentosessantacinque giorni. Il numero di episodi legati all’omo lesbo bi transfobia che emerge dal report annuale di Arcigay, seppure in calo rispetto allo scorso anno, resta allarmante. Il dibattito sulle unioni civili dello scorso anno aveva portato infatti a una radicalizzazione del dibattito ed aveva acceso una visibilità mediatica sul fenomeno fino a quel momento inedita.
Se il report ha un valore qualitativo e non quantitativo, occorre sottolineare che su 119 casi 4 sono stati di omicidio. Sono stati tre quelli di ragazzi molto giovani e tutti e tre riconducibili a un movente omofobico: «questi fatti cruenti sono l’apice di un bollettino quotidiano che descrive un’oppressione martellante», fa sapere il presidente di Arcigay Gabriele Piazzoni.
Un fenomeno, quello dell’omo lesbo bi transfobia, che viaggia su binari paralleli tra web e vita reale: dagli haters dei social alle relazioni familiari e di vicinato, nei luoghi che le persone frequentano o dai quali, invece, vengono escluse. Singoli e coppie insultati e picchiati per strada, manifesti, striscioni, cartelli, scritte sui muri. E ancora pizzerie, discoteche, lidi balneari, ambulatori medici e scuole che diventano veri e propri campi minati. Ma soprattutto un’agghiacciante successione di figlie e figli allontanati da casa.
Arcigay invita a leggere il report con «intelligenza empatica», cioè con la «disponibilità a farsi un giro nelle scarpe degli altri e porsi le domande: che esperienza è attraversare luoghi e relazioni in cui viene reiterato un messaggio di disprezzo e marginalizzazione? Cosa resta alle persone che si sentono destinatarie di questi messaggi?».
La richiesta di una legge contro l’omo lesbo bi transfobia, fino ad oggi mai ottenuta, è pensata proprio per riconoscere una aggravante ai violenti che colpiscono con questo movente.
«Non stiamo parlando di privilegi da riconoscere a una “lobby”», dice Piazzoni, «non siamo imprenditori a caccia della nostra flat tax. Si parla di condizioni minime di serenità e benessere che rendono possibile a una persona un legittimo desiderio di felicità».
Un tema delicatissimo e che non può essere censito attraverso questi monitoraggi, «se non compiendo forzature che non fanno parte del nostro modo di affrontare i problemi». Ma ci sono, in Italia e nel mondo, e le ricerche scientifiche pubblicate hanno sottolineato un’allarmante frequenza di suicidi nella comunità Lgbt+.
La frequenza degli episodi di omo lesbo bi transfobia diventa ancora più allarmante all’interno dei contesti familiari. Figli e figlie cacciati di casa, picchiati, sfregiati con l’acido e puniti a ogni costo: «ognuno di quegli eventi è un fallimento di una società», dice Piazzoni, «Vicende di pura follia e tutti e tutte dovremmo indignarci, reagire, denunciare. Invece, l’inferno che in quelle famiglie si scatena è direttamente collegato a una propaganda politica omotrasfobica che sembra puntare direttamente a questi esiti».
Piazzoni chiosa: «Sappiano allora questi predicatori che stanno giocando con la vita delle persone, che i nome dei loro capricci ideologici stanno compromettendo il futuro di tanti giovani».
Negli scorsi giorni Arcigay ha lanciato una campagna, realizzata in collaborazione con l’agenzia Pavlov, della quale abbiamo parlato su questo sito proprio ieri.
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