Come ogni anno, in occasione dell’Idahobit (Giornata contro l’omolesbobitransfobia), Ilga Europe ha diffuso il suo report sulla situazione dei diritti delle persone LGBT+ nel continente europeo. La Rainbow Map e il Rainbow Index fotografano in modo inequivocabile lo stato dell’arte.
Il quadro che emerge, nei 49 stati presi in esame, è di sostanziale stallo nell’ultimo anno.
In diversi stati, però, si stanno discutendo disegni di legge proprio su questi temi. Un’occasione, secondo Ilga, per fare in modo che la Rainbow Map del prossimo anno sia sostanzialmente diversa da quella di quest’anno.
Qualche piccolo passo avanti si registra in Albania, Finlandia e Portogallo. Nessuno stato ha fatto progressi in tema di riconoscimento delle coppie e della genitorialità.
Nessuna novità neanche per le persone trans e intersex, tranne che in Islanda.
Malta prima per il sesto anno di seguito
Per il sesto anno di seguito, è Malta la prima nel Rainbow Index, mentre il Belgio è secondo per il quarto anno e Lussemburgo è terzo per il terzo anno consecutivamente.
In fondo troviamo l’Azerbaijan, la Turchia e l’Armenia, esattamente come lo scorso anno.
Lo stallo, come si diceva in apertura.
Tra i paesi dell’Unione Europea, anche quest’anno la Polonia è ultima. Le ragioni sono note: non solo lo stato dell’Est non ha attuato politiche inclusive nei confronti delle persone LGBT+, ma anzi ha promosso discriminazione e violenza.
Scende di quattro posizioni l’Ucraina che passa dal 36esimo al 40esimo posto e la Georgia passa da trentesima a trentaduesima per la mancanza di una procedura legale chiara per il riconoscimento del genere e per la situazione rischiosa che vivono le persone che si battono per i diritti lgbt+ in quel paese.
I tre stati con i maggiori passi avanti
Malta, la Macedonia del Nord e la Bosnia Erzegovina sono i tre stati che hanno fatto i maggiori passi in avanti. Malta ha aggiunto le caratteristiche sessuali ai criteri di tutela per i rifugiati ed ha varato delle nuove linee guida per i richiedenti asili LGBT+. Macedonia del Nord e Bosnia Erzegovina, invece, hanno entrambe migliorato le loro politiche sulla libertà di associazione.
L’Italia nel Rainbow Index
Ad una prima lettura, sembrerebbe che le cose in Italia siano migliorate rispetto allo scorso anno. Ma è un’illusione.
Sul Rainbow Index dell’Idahobit 2021, infatti, il nostro Paese passa dalla 35esima alla 27esima posizione. I paesi che precedono il nostro, però, sono 33 se si contano quelli che occupano la stessa posizione insieme ad altri. Inoltre, se la percentuale di tutela dei diritti delle persone Lgbt+ lo scorso anno era pari al 23%, quest’anno siamo scesi al 22%.
“Molti processi legislativi sono bloccati in 12 paesi europei – dichiara Katrin Hugendubel, Advocacy Director di ILGA-Europe -. Tra questi, Cipro, la Repubblica Ceca, la Danimarca, la Finlandia, la Francia, l’Italia, il Kosovo, la Lituania, la Moldavia, Montenegro, l’Olanda, la Svezia e il Regno Unito”. Per l’Italia, il riferimento è al ddl Zan, le cui vicende sono note a chi segue Gaypost.it. Vale solo la pena ricordare che proprio il ddl Zan istituisce l’Idahobit come ricorrenza ufficiale anche in Italia.
Troppo facile dare la colpa al covid-19
“Sarebbe facile – prosegue – giustificare tutto con il fatto che l’attenzione della politica si è concentrata tutta sulla risposta al Covid-19 e la conseguente crisi economica. Ma la realtà è molto più complessa. In troppi paesi i progressi si sono fermati perché c’è un aumento della polarizzazione sui temi LGBT+, perché alcune persone tra quelle elette non vedono più vantaggi nel sostenere l’uguaglianza delle persone LGBT+ e perché i governi non vedono questo tema come una priorità”.
Idahobit 2021: l’odio si diffonde, la repressione cresce
“E’ molto preoccupante dover constatare il quasi totale stallo sui diritti LGBT+ e sull’uguaglianza – aggiunge Evelyne Paradis, Executive Director di ILGA-Europe -, specialmente in un momento così delicato per le comunità LGBT. Lo scorso anno abbiamo visto crescere le politiche repressive, un notevole incremento nelle difficoltà socioeconomiche e il diffondersi di odio contro le persone LGBT nelle strade e in rete. Davanti a tutto questo la risposta degli stati deve essere maggiore e con azioni concrete migliori per mettere al sicuro le persone e proteggerle. I diritti umani delle persone LGBTI non possono essere qualcosa che si abbandona quando le circostanze diventano difficili”.
(Immagine di copertina: may17.org/)