È bufera a Bologna dentro al Pd, diviso sul testo della legge contro l’omotransfobia che la Regione dovrebbe approvare a breve.
Dopo mesi di stallo, sul testo sarebbe stato trovato un accordo con l’area cattolica dei dem solo grazie a un emendamento che definisce la maternità surrogata come “forma di sfruttamento della donna” al pari di violenze, abusi e maltrattamenti in famiglia.
Dissenso a sinistra del Pd
I consiglieri di sinistra hanno già annunciato il loro voto contrario, così come sono insorte le associazioni Lgbt.
“Fissare un prezzo (l’emendamento sulla gpa, ndr) per tutelare cittadine e cittadini di questa Regione da violenze e discriminazioni è non solo sbagliato ma profondamente ingiusto – dichiara Roberta Li Calzi, consigliera comunale bolognese del Pd e portavoce del Pd di Bologna – Ripetiamo ogni giorno che bisogna abbattere i muri e noi ce li costruiamo in casa. Contro questo muro, però, rischiamo di schiantarci davvero stavolta. Perché la politica non si fa sulla pelle delle persone, mai. Se non fosse triste, sarebbe incredibile. Invece, purtroppo, è solo molto triste. Ma non ci fermiamo, nemmeno davanti a un muro”.
Anche il sindaco Virginio Merola si è smarcato:
“La legge va approvata, ma è discutibile equiparare tout court la maternità surrogata alla violenza sessuale“, ha scritto su Twitter.
“La maternità surrogata usata per stigmatizzare gli omosessuali. Siete degli omofobi e dei misogini“, attacca dal proprio profilo Facebook Vincenzo Branà presidente del circolo Arcigay il Cassero. “È un autogol incredibile – spiega Branà – un chiaro mercato politico fatto sul corpo delle donne e stigmatizzando gli omosessuali. Qualcosa che sembra scritta nel congresso di Verona”
Elisa Dal Molin, referente regionale per le Famiglie Arcobaleno è invece chiara: “Questa legge per come la stanno scrivendo sarà una porcata, frutto di uno scambio elettorale tutto interno al Partito democratico. A questo punto meglio nessuna legge“, dice.
La posizione di Arcilesbica
Se molte associazioni Lgtb e femministe si oppongono all’accordo in casa Pd che ‘condanna’ l’utero in affitto (messo in sostanza sullo stesso piano della violenza alle donne), Arcilesbica si smarca nettamente e invita i dem dell’Emilia-Romagna ad andare avanti con quella mediazione. “Una legge contro l’omofobia la chiediamo da anni- sottolinea la presidente nazionale di Arcilesbica, Cristina Gramolini- ma qualcuno vorrebbe utilizzarla per far passare l’autorizzazione a comprare figli all’estero, nonostante in Italia sia vietato dalla legge. Fare mercato di esseri umani e presentarla come liberta’”, sottolinea il concetto Gramolini, sentita dalla ‘Dire’ sulla legge anti-discriminazioni al vaglio della Regione (domani e’ prevista quella che potrebbe essere la battaglia finale in commissione, giovedi’ il convegno ‘contro’ del centrodestra con esponenti di spicco del congresso mondiale delle famiglie di Verona). “Io- dice l’attivista Lgbt- sono contenta se il Pd esce da questa ambiguità”
Lo scontro tra Arcilesbica e Cassero
Tra l’altro Gramolini ha spiegato all’agenzia Dire che a Bologna “siamo stati cacciati dal Cassero per l’utero in affitto”. Prontamente smentita dal presidente Vincenzo Branà che sempre affidandosi a Facebook dichiara: “Cristina Gramolini, presidente di Arcilesbica nazionale, dichiara di essere stata cacciata dal Cassero per la gpa. Cristina Gramolini è una bugiarda. Abbiamo partecipato assieme a una riunione in Comune affinché i loro progetti rientrassero nella coprogettazione. Ma al termine dell’istruttoria pubblica, il Comune di Bologna – e non il Cassero – ha dato il suo diniego. Mi meraviglio di chi le dà ancora retta”
Presidio alla Regione Emilia Romagna
Nello stesso emendamento, aggiunto in extremis, si prevede inoltre lo stop ai finanziamenti per associazioni e manifestazioni che trattino l’argomento della gestazione per altri in modo lesivo della dignità della donna.
Ad aggiungere tensione sulla vicenda è poi il convegno di giovedì nella sede della Regione dove sono attesi molti esponenti delle associazioni pro-famiglia, tra cui Jacopo Coghe, vicepresidente dell’ultimo congresso di Verona. L’evento è sostenuto da tutto il centrodestra. Il Comitato Bologna Pride ha per questo organizzato un presidio davanti alla sede della Regione Emilia Romagna, giovedì alle ore 17. “Per contrastare le lobby cristiano integraliste” si legge in una nota “che, con il supporto della Lega Nord e dei cattolici integralisti presenti in altri partiti, mettono a repentaglio i diritti e i valori conquistati per una società laica, solidale dove il rispetto delle donne e delle persone lgbt*iq+ è un aspetto fondamentale di ogni democrazia”.