Si chiama Ritmo sopra a tutto ed è la mostra con cui il Ma*Ga, il Museo di Arte Contemporanea di Gallarate in provincia di Varese, festeggia i propri cinquant’anni di vita. Per celebrare mezzo secolo di attività nello scenario lombardo e nazionale, si è deciso di affidare a Franco Buffoni, esponente di spicco della nostra comunità, il compito di curare l’evento.
Docente universitario, poeta, saggista e romanziere, intellettuale di altissimo profilo e attivista per i diritti delle persone Lgbt, Buffoni è una delle voci più alte ed importanti non solo della gay community italiana, ma del panorama letterario del nostro paese. Tra le sue opere ricordiamo – tra le molte pubblicate – il pamphlet Laico alfabeto in salsa gay piccante, vero e proprio manifesto di una nuova laicità basata sul coraggio dell’essere (e dell’essere gay), i romanzi Zamel, Il servo di Byron e la Casa di via Palestro, in cui affronta ora il tema dell’omosessualità nel mondo arabo e nell’Inghilterra di fine settecento ora quello delle diversità (culturale, religiosa, sessuale) nell’Italia della seconda guerra mondiale, la raccolta di Poesie a cui Mondadori ha dedicato un Oscar nel 2012 e la sua ultima fatica Il racconto dello sguardo acceso (Marcos y Marcos, 2016).
Da questo amore per il verso poetico si arriva all’incontro con il Ma*Ga. E dalla mostra possiamo intravedere la sua caleidoscopica personalità, quel tratto engagé dell’autore/attivista. Dalla fusione tra opere pittoriche e versi, innanzi tutto. L’arte, come imitazione della natura fino all’espressione dell’animo umano e delle sue inquietudini, diventa il punto di incontro con la poesia di Montale e Pavese in quella sezione in cui si celebra il paesaggio. Paesaggio di cui si dà ora una visione naturalista, ora di maggiore introspezione psicologica, idealizzata: «un accostamento di forte impatto tra tendenze divergenti sotto il profilo visuale, che sottintendono però una medesima tensione al superamento delle tradizionali dimensioni della figurazione».
Altrove ritorna il carattere militante, laddove si dà spazio alla «stagione delle contestazioni e delle grandi battaglie per i diritti civili, che ha tra le sue forze propulsive il movimento femminista», per conferire rappresentanza alla «decisiva esperienza delle donne nell’arte» con «le opere di Carol Rama, Marinella Pirelli, Mirella Bentivoglio e ancora Amelia Rosselli». Femminismo e lotta politica, ingredienti da cui parte, ricordiamolo, la stessa stagione di lotte del nostro movimento.
L’ultima parte della mostra richiama alla più «stringente contemporaneità e quindi ad un rapporto dialettico tra le arti che si arricchisce di nuovi mezzi espressivi». Attraverso le opere concettuali di Alberto Garutti, Cesare Pietroiusti e Luca Vitone e «soprattutto, alle prime ed epocali opere multimediali di Studio Azzurro, cui fanno da pendant gli scritti di Aldo Nove, che all’inizio degli Anni Novanta contribuisce a traghettare la letteratura italiana nel post-moderno» ritroviamo lo sguardo verso il futuro, nuove domande per le sfide che l’uomo deve affrontare nel suo percorso verso il domani. Reinventare e rileggere la società, le sue forme di produzione artistica e, più in generale, il suo essere nel mondo. Non è forse questo il senso della più profonda militanza (anche politica, oltre che intellettuale)?
Evento, quello di Ritmo sopra a tutto che richiama, dunque, la complessità dell’essere “umano”, nella tensione costante tra recupero delle radici e sguardo verso il futuro. Tensione culturale che trova la sua ragione nei profondi rivolgimenti dell’intelletto umano e che realizza la sua rappresentazione nelle arti figurative e nella creazione poetica. Buffoni, insieme allo staff del Ma*Ga, ci restituisce tutto questo. La mostra, già inaugurata da ottobre, sarà aperta fino al 5 febbraio. Una buona ragione per programmare un week end fuori porta, recuperare il piacere del bello, la profondità della cultura e riallacciarsi al senso dell’esistenza. In una delle sue innumerevoli, possibili proposte.