La foto con Elisa Isoardi – la compagna di Matteo Salvini – intenta a stirare ha scatenato le dovute polemiche. Alcune anche di segno opposto. Nuova icona dell’antifemminismo, da una parte, e esempio di donna che comunque si autodetermina dall’altra. Per capire meglio i termini della questione, si riportano alcuni commenti condivisi nei giorni scorsi sui social network.
Per stirare? Bastano le mani e il ferro da stiro
«In Francia sono tanto intelligenti» ci fa notare Graziella Priulla, docente universitaria e scrittrice, che «hanno capito che per stirare bastano due mani e un ferro da stiro». E l’autrice di Parole tossiche e di Viaggio nel paese degli stereotipi condivide l’immagine di una pubblicità in cui c’è un ragazzo ad armeggiare con la camicia stropicciata e il cesto del bucato. Lapallissiano, verrebbe da dire. Eppure, a quanto pare, così evidente non è.
Il messaggio di Isoardi non è innocente
Ne fa una questione di messaggio politico il giornalista Errico Buonanno sul suo profilo Facebook. «La tendenza del giorno prima è stata la presa per il culo della Isoardi. La tendenza del giorno dopo è stata la difesa della Isoardi perché libertà della donna è anche quella di stirare se le va. Tutto giusto. Tranne che per un fatto: è politica. E la politica non è mai innocente». Nel momento in cui divieni, anche a tuo malgrado, un personaggio pubblico di un certo peso, ogni tua azione avrà conseguenze che incidono nella vita di tutti e tutte.
Un modello politico di donna
Isoardi, insomma «si sta facendo ritrarre e sta diffondendo in pubblico quelle immagini per veicolare un messaggio» dice ancora Bonanno. E lei, sia ben chiaro «ha tutto il diritto di stirare o, come ha detto, di fare un passo indietro professionale per favorire il suo uomo. Ma nel momento in cui lo fa pubblicamente da compagna di un politico sta proponendo un modello di donna e sta facendo politica. E tutto questo per dire: che stiriate o che non stiriate, la Isoardi che stira SI PUÒ prendere per il culo. Stateci». Esattamente.
La donna col velo che fa stirare il marito
Per capire la valenza pubblica di quel messaggio e per capire la reazione ad esso, sempre nell’ambito di una dimensione squisitamente politica, non si può non citare la condivisione (sempre su Facebook) di Sumaya Abdel Qader, candidata indipendente nella lista del Pd ed eletta alle ultime elezioni comunali di Milano. Attivista e scrittrice, ha pubblicato un’immagine in cui si vede il marito che stira a casa, mentre lei sta comodamente seduta sul divano a leggere. Con tanto di velo sul volto e di hashtag #isoardi #prendiappunti.
Islam e parità di genere
Adesso, è evidente che quella della consigliera milanese è una risposta ben costruita per controargomentare ad un messaggio – politico, appunto – in cui la donna deve “sottoporsi” (nel senso di mettersi sotto) al suo uomo, soprattutto se quest’ultimo è uno dei papabili premier del prossimo governo. Non sappiamo, insomma, cosa avviene davvero a casa della signora musulmana, ma una cosa è evidente: il grado di complicità con il marito è tale per cui anche in una famiglia di probabile fede islamica la parità di genere è possibile. Anzi, è evidente.
Una risposta ironica alla narrazione leghista
Quella sola immagine smonta, quindi, l’intera narrazione salviniana per cui islam è sinonimo di fanatismo, sottomissione e pericolo democratico. E rimanda al mittente, in modo elegante e ironico, tutte le accuse prodotte in questi anni dalla subcultura leghista: quella per cui la donna è una bambola gonfiabile, qualora osa dire la sua – ricordate l’affaire Boldrini? – o è accettabile solo se fa un passo indietro. Poi si potrebbe fare un altro discorso sul fatto che a casa Salvini non si vedono molti libri e a casa di Abdel Qader sì. Ciò inciderà sulla considerazione dei ruoli di genere? Forse questo è , appunto, un altro discorso. O forse no.