Ci sono cose che vorremmo non vedere più. È di ieri la notizia che il Ku Klux Klan organizzerà il 3 dicembre prossimo una manifestazione per celebrare la recentissima vittoria di Donald Trump. Fatto che ha sconquassato l’opinione pubblica americana – ricordiamo i disordini nelle varie città, le decine e decine di arresti dei manifestanti, le proteste di piazza – e che ha portato a una recrudescenza di certi fenomeni, come il pestaggio di Chris Ball, il gay aggredito a Santa Monica dai sostenitori del neopresidente, o la comparsa di svastiche accompagnate dal motto della campagna presidenziale “Make America White Again”.
Tale recrudescenza è preoccupante e pericolosa, per almeno due ragioni. In primo luogo, perché fa capire che certi sentimenti di odio nei confronti di intere categorie sociali – gay, neri, immigrati, ecc – non sono mai del tutto sopiti e fanno parte della sub-cultura politica di intere nazioni, anche quelle che immaginiamo come immuni rispetto a certe derive. In seconda istanza perché istituzionalizza un certo pensiero, lo sdogana e lo fa diventare patrimonio comune sempre più vasto. Una sorta di “effetto contagio” i cui risvolti richiamano un periodo storico che avremmo voluto fosse archiviato per sempre. E invece sembra ancora vitale.
David Luke, ex leader del Ku Klux Klan, all’indomani del trionfo del miliardario americano, ha scritto su Twitter: «Non sbagliate, la nostra gente ha svolto un ruolo ENORME!» Non è peregrino pensare che molte persone, i cui sentimenti di odio nei confronti delle minoranze erano tenuti nascosti per una sorta di pudore sociale, si sentano adesso autorizzate ad esternare un certo tipo di dichiarazioni o di palesare un certo tipo di atteggiamento.
Ci si augura vivamente che tutto questo si risolva in una gigantesca sbronza post-elettorale e che il futuro comportamento del neo-presidente marginalizzi questi eccessi prediligendo, per quanto è possibile, un profilo più istituzionale. Di certo, il clima dominante spaventa e rievoca spettri che l’Europa ha già vissuto, al tempo dei gradi totalitarismi del secolo scorso. Sta a chi si riconosce nei valori della democrazia, della laicità e dell’uguaglianza fare di tutto, cominciando ad agire sul sostrato culturale della società, affinché non si arrivi ad estreme conseguenze.