Con l’entrata in vigore della nuova legge sulle unioni civili, importanti novità si sono registrate per quanto riguarda la disciplina della successione ereditaria.
È sempre stata particolarmente sentita, infatti, la necessità di disciplinare il caso di morte di uno dei due partner, trovandosi l’altro, in mancanza di un testamento, privo di qualsiasi tutela.
Vediamo, quindi, quali sono le principali novità in materia.
Con specifico riferimento ai profili di successione (o devoluzione ereditaria) il comma 21 dell’articolo unico della Legge n. 76/2016 prevede, in particolare, che alle parti dell’unione civile si applicano gli articoli del codice civile sulla successione riferiti ai coniugi. Conseguentemente ogni riferimento al coniuge contenute in queste norme dovrà essere inteso come riferito anche alla parte dell’unione civile.
Questo vuol dire che l’ordine dei destinatari della successione nelle successioni legittime (dunque in assenza di testamento) deve essere integrato tenendo conto della parte dell’unione civile, e l’art. 565 c.c. deve essere letto, quindi, come se dicesse che nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge (o alla parte dell’unione civile), ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato nell’ordine e secondo le regole stabilite nel presente titolo. Non sarà dunque più necessario, per una coppia unita civilmente, procedere a testamento per tutelarsi.
Le singole ipotesi di concorso tra successibili sono da intendersi parimenti integrate, e dunque al partner superstite unito civilmente spetterà, in assenza di testamento:
– l’intero patrimonio se non ci sono figli o ascendenti del defunto;
– 1/2 del patrimonio se c’è un figlio;
– 1/3 del patrimonio se ci sono più figli;
– 2/3 del patrimonio se non ci sono figli ma ascendenti.
Inoltre, nel caso in cui il de cuius (ovvero il partner morto) abbia fatto testamento, la quota di riserva (o “legittima”) prevista dal nostro ordinamento per il coniuge e dunque allo stesso modo per il partner unito civilmente è la seguente:
– 1/2 del patrimonio se non ci sono figli o ascendenti del defunto;
– 1/3 del patrimonio se c’è un figlio;
– 1/4 del patrimonio se ci sono più figli;
– 1/2 del patrimonio se non ci sono figli ma ascendenti.
Allo stesso modo si applicano al partner unito civilmente le stesse norme che si riferiscono al coniuge in tema di indegnità, collazione e patto di famiglia, temi molto specifici su cui non ci addentreremo in questa guida.
Un esplicito richiamo viene anche fatto in tema di diritto di abitazione e di successione nel contratto di locazione della casa familiare.
Altre norme in tema di successione, non espressamente richiamate al comma 21 della legge Cirinnà, devono comunque intendersi implicitamente richiamate in base al comma 20.
Fra queste anche le particolari agevolazioni fiscali previste in materia successoria a favore del coniuge come, ad esempio:
– la franchigia prevista per le donazioni/successioni in favore del coniuge dal T.U.S. (d.lgs. 346/90),
– l’esenzione da imposta di successione e donazione dei trasferimenti di compendi aziendali o quote di partecipazione societaria alle condizioni stabilite dal comma 4-ter dell’art. 3 del detto T.U.S.,
– la particolare causa di esenzione dalla presentazione della dichiarazione di successione prevista per il caso in cui l’eredità devoluta alla parte sopravvissuta ha un valore non superiore a euro centomila e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari.
In coda ricordiamo che mentre, come abbiamo visto sopra, il partner unito civilmente ha una piena tutela successoria in caso di morte, i conviventi di fatto (etero o omosessuli che siano) non hanno alcun tipo di tutela, ad eccezione del diritto di continuare ad abitare nella stessa casa per due anni (che diventano tre anni ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite) o per un periodo pari alla convivenza, se superiore, e comunque non oltre i cinque anni. Il diritto in ogni caso viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza ovvero contragga matrimonio, unione civile o intraprenda una nuova convivenza di fatto. Inoltre in caso di morte del titolare del contrtto di affitto, il convivente superstite ha facoltà di succedergli nel contratto della casa di comune residenza; e in caso di morte del convivente derivante da fatto illecito spetta al convivente superstite il diritto al risarcimento del danno, secondo quanto già riconosciuto in favore del coniuge. Per chiudere, nessuna agevolazione fiscale è prevista per la successione dei conviventi.